Il miagolio del gatto: un linguaggio segreto per conquistare il nostro cuore

Un’evoluzione millenaria per una comunicazione perfetta

I gatti, da abili predatori notturni a compagni domestici affettuosi, hanno percorso un lungo cammino. E il miagolio, strumento di comunicazione quasi esclusivo con gli umani, ne rappresenta la prova più evidente. Se escludiamo i richiami tra madre e cuccioli e quelli a sfondo sessuale, i gatti raramente miagolano tra loro. Con noi, invece, è un discorso diverso: un repertorio vocale ricco e variegato per attirare la nostra attenzione e ottenere le nostre cure.

Un legame speciale, frutto di una coevoluzione

Come sottolinea Grace Carroll della Queen’s University Belfast su The Conversation, “si tratta di una storia che risale a migliaia di anni fa”. In origine, i gatti erano creature solitarie, che preferivano vivere e cacciare da soli. Le interazioni sociali si limitavano quasi esclusivamente al legame madre-figlio. “Al di fuori di questa relazione”, spiega Carroll, “i gatti raramente miagolano tra loro”.

L’incontro con gli umani, avvenuto circa 10.000 anni fa, ha segnato una svolta. “Gli insediamenti umani attiravano i roditori, prede ghiotte per i gatti”, continua l’esperta. “Quelli meno timorosi e più adattabili prosperarono, beneficiando di una fonte di cibo costante. Nel tempo, questi gatti svilupparono legami più stretti con gli umani”.

Un processo di addomesticamento avvenuto in maniera singolare rispetto a quello dei cani, selezionati per caratteristiche specifiche. I gatti, al contrario, si sono “addomesticati da soli”: quelli più inclini alla tolleranza e alla comunicazione con gli umani avevano maggiori probabilità di sopravvivenza, dando origine a una popolazione geneticamente predisposta alla vita accanto all’uomo.

Un’abilità innata frutto di un adattamento reciproco

Per comprendere meglio questo processo, possiamo prendere come esempio gli esperimenti russi sulle volpi d’allevamento. Negli anni ’50, lo scienziato sovietico Dmitry Belyaev allevò selettivamente volpi argentate, favorendo l’accoppiamento di quelle meno timide e aggressive verso gli umani. Nel corso delle generazioni, queste volpi divennero più docili e amichevoli, sviluppando anche tratti fisici simili ai cani domestici, come orecchie cadenti e code arricciate.

Le loro vocalizzazioni cambiarono radicalmente, passando da versi aggressivi come “colpi di tosse” e “sbuffi” a “schiamazzi” e “ansiti” più amichevoli, che ricordano persino la risata umana. Questi esperimenti dimostrano come l’allevamento selettivo per la docilità possa portare a notevoli cambiamenti comportamentali e fisici negli animali, ottenendo in poche generazioni ciò che normalmente richiederebbe migliaia di anni.

Un linguaggio che parla all’istinto di accudimento

Sebbene meno evidenti rispetto ai cani, anche i gatti hanno subito notevoli cambiamenti rispetto ai loro antenati selvatici africani. Hanno cervelli più piccoli e una varietà di colori del mantello più ampia, entrambi tratti comuni a molte specie domestiche.

Come le volpi argentate, i gatti hanno adattato le loro vocalizzazioni, anche se in un periodo di tempo molto più lungo. I cuccioli umani nascono completamente dipendenti dai genitori, e questo ci ha resi particolarmente sensibili ai richiami di soccorso: ignorarli avrebbe avuto un costo elevato per la nostra sopravvivenza. I gatti hanno sfruttato questa nostra predisposizione modificando le loro vocalizzazioni per attirare la nostra attenzione.

Uno studio del 2009 condotto dalla ricercatrice sul comportamento animale Karen McComb e dal suo team ne è la prova. I partecipanti allo studio ascoltarono due tipi di fusa: quelle emesse dai gatti in cerca di cibo (fusa di sollecitazione) e quelle emesse in contesti non legati al cibo (fusa di non sollecitazione). Sia i proprietari di gatti che i non proprietari valutarono le fusa di sollecitazione come più urgenti e meno piacevoli. Un’analisi acustica rivelò la presenza di una componente acuta in queste fusa, simile a un pianto.

Questo “pianto nascosto” sfrutta la nostra innata sensibilità ai suoni di sofferenza, rendendolo quasi impossibile da ignorare.

Un dialogo a due vie per un legame profondo

Non sono solo i gatti ad aver adattato le loro vocalizzazioni

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