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Il make-up nell’Antica Roma

Quanto ci impiegate a farvi belle la mattina? Pochi minuti o la preparazione è un po’ più lunga? Quella della matrona romana richiedeva parecchio tempo. Se l’uomo romano usciva di casa per farsi la barba, la matrona attendeva alla toilette tra le mura domestiche, dove lunghissimo tempo era dedicato ad acconciare la chioma, soprattutto nel II d.C., quando la capigliatura divenne ricercatissima e parecchio complicata.

Indispensabile, pertanto, era l’aiuto della “ornatrix“, che forniva anche trecce posticce o parrucche (spesso di capelli veri, provenienti dall’India e detti perciò “capilli indici”). Il compito di questa figura domestica, non di rado maltrattata in caso di lavoro fatto male, era anche quello di depilare la donna e di truccarla: con gesso o biacca su fronte e braccia, con ocra su guance e labbra, con fuliggine su ciglia e intorno agli occhi. Non potevano mancare i gioielli, che sempre l’ornatrix metteva indosso alla matrona: erano collane (monilia), catenelle (catellae), ciondoli (pectoral), bracciali (armilla) e anelli per dita (anuli) e per caviglie (periscelides).

I vestiti non erano molto diversi, per taglio, da quelli maschili; differivano, se mai, per la ricchezza delle stoffe (la seta sopra tutte) e per i colori. In primo luogo, veniva indossata una tunica, poi una stola, quindi uno scialle (supparum) lungo fino ai piedi o un mantello (palla), di colore splendente. Una cintura (zona) segnava infine la vita. Quando, poi, la “domina” usciva di casa, si muniva di una salvietta (mappa) per detergere il viso dal sudore o dalla polvere delle strade e di un ventaglio (flabellum), che usava perlopiù per scacciare le mosche.

di Annarita Sanna

Redazione

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