Questo lungometraggio (nel vero senso della parola, visto che ha una durata di circa 2 ore e 10 minuti) risale al 1978, per la direzione di Ralph Bakshi (celebri i suoi “Fritz the Cat” o il più recente “Cool World”?); non c’è bisogno di dire che l’impresa sia stata veramente da temerari, data la complessità e l’intreccio della saga. Giocoforza era di scomporre il tutto in due lungometraggi; purtroppo, lo scarsissimo successo del primo film, narrazione degli eventi dei primi due libri, non ha permesso di realizzare il seguito contenente la fine della storia: oggi ci dobbiamo quindi per forza accontentare di un racconto mutilato. Nonostante tutto, questo lungometraggio conserva molti spunti positivi, risultato di una talvolta letterale trasposizione del capolavoro tolkieniano.
La tecnica denominatore comune è un’animazione mista; si alternano cioè momenti di puri disegni animati con scene in cui si fa largo uso del “rodovetro”, fino alla filtrazione e alla colorazione artificiale di filmati “live action”. È impossibile negare dunque che la scarsità del successo riscosso dal film sia fortemente legata a questo metodo “anomalo” di animazione. Bisogna ricordare però che l’anomalia non risiede nell’utilizzo della tecnica mista, ma nel fatto che il pubblico, costituito prevalentemente da bambini (e qui possono sorgere annose diatribe riguardo il ruolo dell’animazione nella cultura… ) non ha trovato accattivante la presentazione degli eventi. Non si può negare che la scelta di Bakshi sia stata coraggiosa e controcorrente, come sempre del resto; il suo cinema si è sempre basato sulla sperimentazione del potentissimo mezzo espressivo fornito dall’animazione in tutte le sue forme, con risultati eccellenti, ma poco “commerciali”.
Gli eventi narrati nel film si attengono piuttosto strettamente a quelli della saga originaria; ovviamente alcune situazioni sono state sacrificate, come l’incontro degli Hobbit con Tom Bombadil e la sua sposa, ad esempio . La storia inizia con la festa organizzata da Bilbo Baggins, nella quale lo stesso scompare teatralmente grazie ai poteri dell’Anello; Gandalf convincerà il mezzo-uomo a lasciare la pesante eredità a Frodo, per intraprendere con quest’ultimo ed insieme ad altri valorosi che si uniranno alla compagnia durante il viaggio, l’avventura che si concluderà con la sconfitta dell’esercito di orchetti diSaruman (e questo momento coincide più o meno con l’inizio del terzo e ultimo libro della Saga originale).
Abbiamo già parlato della tecnica mista e ritengo che la scelta comporti sul piano dell’animazione risultati sia positivi che negativi; sicuramente è ottima per rappresentare il diverso mondo, la diversa dimensione in cui esistono i Cavalieri Neri di Mordor , creature succubi dell’anello che si rivelano del tutto solo quando Frodo si infila l’artefatto maledetto portandosi quindi sul loro stesso piano dimensionale, come ad esempio, durante la scena dell’assalto al guado. L’utilizzo del rodovetro (copia disegnata di fotogrammi live action) e della stessa live action opportunamente ricolorata, servono ottimamente allo scopo.
Il rodovetro trova largo utilizzo in quasi tutto il film; moltissimi movimenti dei vari personaggi sono chiaramente disegnati sulla guida di un filmato opportunamente girato. Se l’animazione acquista in fluidità, si corre anche il rischio di essere alla lunga disturbati dalla eterogeneità delle scene; talvolta il contrasto è addirittura stridente, come nell’episodio della battaglia finale in cui si affrontano gli eserciti di Minas Tirith e di Saruman. Bisogna tenere comunque presente che siamo nel 1978 e sinceramente non ricordo nessuna produzione simile a questa in quel periodo. A tutto ciò, si aggiungono svariati effetti di luce ottenuti mediante la sovrapposizione delle cel disegnate a filmati vari.
Per essere sinceri, dobbiamo anche ammettere che la scelta di Bakshi non è stata motivata solo da un insopprimibile estro artistico ed espressivo: le animazioni credibili di grandi masse di personaggi non potevano essere eseguite con le tecniche tradizionali, per motivi di tempo, economici e forse anche di livello artistico: ancora una volta, l’utilizzo della ricolorazione della live action si presta perfettamente allo scopo, facendo risparmiare tempo e soldi. In alcuni momenti il risultato però non è certo felicissimo: le battaglie fra gli eserciti di cui sopra hanno tanto il sapore dei documentari di quel periodo, complice una regia piatta e lenta.
Fondali ed ambientazione: l’uso dell’animazione mista si estende anche ai backgrounds; le ambientazioni, dalle campagne della Contea alle oscure profondità di Moria, calzano piuttosto bene con le vicende tolkieniane. Nonostante l’eterogeneità dei mezzi espressivi, personaggi e fondali si integrano sempre perfettamente gli uni con gli altri.
Commento sonoro: in realtà la colonna sonora del lungometraggio passa piuttosto inosservata, tranne in alcuni momenti, in cui le orecchie dello spettatore sono colpite da vere e proprie ondate di musica; in definitiva, la colonna sonora, composta da Leonard Rosenman, non apporta nessun particolare contributo; sgradevole e piuttosto banale la marcetta che sottolinea il termine del film e tutti, dico tutti, gli end credits.
Personaggi
Veniamo ora all’interpretazione di Bakshi dei personaggi di Tolkien. Gandalf: la sua realizzazione coincide largamente con quella del libro, un vecchio circondato da un’aura di mistero e di potenza, che parla senza mai rivelare troppo di ciò che sa, che scompare e ricompare senza dare troppe giustificazioni ai suoi compagni. Nella versione animata, risulta talvolta pomposo e declamatorio, ma si può supporre che ciò sia dovuto alla natura del doppiaggio italiano e alla necessità di uscire dalla linea guida del romanzo per ricucire la trama del lungometraggio, orfana di alcuni elementi fondamentali che devono per forza essere riassunti in tempi brevi.
Gollum: per la verità abbiamo veramente poche occasioni di vedere il “povero Sméagol” in questo lungometraggio, poiché il suo ruolo attivo nella vicenda del “Signore Degli Anelli”, comincia proprio nel terzo libro della saga. La realizzazione grafica è efficace ed attinente al romanzo: quello che forse prima, come avrà modo di raccontare Gandalf a Frodo, era un Hobbit, ora era diventato a causa dell’Anello una creatura repellente che vive nell’ombra, commettendo nefandezze e malvagità. Il doppiaggio italiano purtroppo non mette in risalto tutti gli aspetti del personaggio (come le “esse” sibilanti, così viscide da far accapponare la pelle) che invece sono presenti nella edizione originale.
Orchetti: Nota dolente del lungometraggio; la realizzazione di orchi e orchetti è affidata al completo uso della live action opportunamente ricolorata; la descrizione delle razze goblinoidi è trattata in modo soddisfacente da Tolkien, mentre i personaggi realizzati da Bakshi richiamano alla memoria popolazioni africane sul piede di guerra; l’effetto complessivo è veramente poco gradevole. Attinente risulta invece la raffigurazione del Balrog, il demone custode degli orrori di Moria.
Cavalieri Neri: questi sono, insieme agli Hobbit, tra i personaggi più riusciti del lungometraggio; sono creature fatte di ombra, presenze inquietanti (se non proprio orribili) costantemente sulle tracce dell’Anello del loro supremo padrone e signore, Sauron. Vengono realizzati con la tecnica del rodovetro e della live action, allo scopo di creare un distacco visivo dal restante contesto dell’animazione: esistono infatti in un altro piano dimensionale, quello dell’Ombra, tangente e parallelo a quello della Luce in cui vivono gli altri personaggi.