Esattamente 35 anni fa, l’8 aprile 1990, andava in onda negli Stati Uniti il primo, enigmatico episodio di Twin Peaks. In Italia arrivò nove mesi dopo, il 9 gennaio 1991 su Canale 5, portando con sé un vento nuovo, inquieto e visionario che avrebbe riscritto le regole della narrazione televisiva. Non è esagerato dire che da quel momento, nulla è stato più come prima. Perché I segreti di Twin Peaks non è solo una serie cult: è un’esperienza, un enigma avvolto in sogno e incubo, capace ancora oggi di stregare gli spettatori con il suo fascino oscuro e le sue atmosfere surreali.
Dietro l’operazione, due nomi destinati a entrare nella leggenda: David Lynch, il regista che ha fatto dell’inquietudine un’arte, e Mark Frost, mente acuta e raffinata della scrittura seriale. Insieme, hanno dato vita a una piccola città nel nord-ovest degli Stati Uniti, immersa tra boschi e nebbie, dove niente è come sembra. Una città che custodisce segreti inconfessabili dietro le tende di pizzo e i sorrisi cordiali.
Tutto inizia con il ritrovamento del corpo di Laura Palmer, la ragazza perfetta della porta accanto. Una scena che pare uscita da un noir anni ’50, ma che presto si rivela il portale per qualcosa di ben più complesso. L’agente speciale dell’FBI Dale Cooper, interpretato con magnetismo da Kyle MacLachlan, arriva in città per indagare sull’omicidio. Ma la sua missione investigativa si trasforma ben presto in un viaggio dentro il cuore oscuro di Twin Peaks – e dell’animo umano.
Laura Palmer non è solo una vittima: è un simbolo, una maschera che nasconde abissi.
Dietro la facciata della studentessa modello si cela una doppia vita fatta di droga, relazioni proibite e prostituzione. La sua morte diventa lo specchio deformante di una comunità intera, dove ogni abitante ha qualcosa da nascondere. La tensione cresce episodio dopo episodio, mentre Cooper – guidato da sogni profetici e visioni mistiche – si addentra in un mondo sempre più perturbante, dove il razionale cede il passo al sovrannaturale.
Ed è qui che Twin Peaks compie la sua vera rivoluzione: fonde il thriller psicologico con il surrealismo, l’horror con la soap opera, la commedia con il dramma esistenziale. Le Logge Bianca e Nera, l’entità demoniaca BOB, i sogni nella Stanza Rossa con il nano che parla al contrario e l’uomo con un solo braccio… ogni elemento contribuisce a creare un mosaico visionario che sfugge a ogni etichetta. La scoperta che l’assassino di Laura è Leland Palmer – suo padre, posseduto da BOB – è una rivelazione devastante, che affonda il colpo non solo nella storia, ma nello spettatore stesso.
Ma Twin Peaks non si accontenta mai. Dopo aver risolto (si fa per dire) il caso di Laura Palmer, la serie prosegue, alzando la posta con l’introduzione di Windom Earle, l’ex collega psicopatico di Cooper. Il suo arrivo trasforma la seconda stagione in una partita a scacchi letale, un gioco mentale che scava nella psiche dei protagonisti e ci accompagna verso un finale tanto criptico quanto memorabile. La chiusura della serie lascia più domande che risposte. Ed è proprio questo il bello.
Un ritorno atteso 25 anni
Nel 2017, quando Twin Peaks – Il ritorno debutta dopo un’attesa lunga 25 anni, il mondo è cambiato. Ma Lynch no. E per fortuna. La terza stagione non cerca di piacere, non cerca di spiegare: è pura arte televisiva. Cooper è intrappolato nella Loggia Nera, il tempo implode, la realtà si frantuma. I vecchi personaggi tornano, irriconoscibili eppure familiari, mentre nuovi enigmi si aggiungono ai vecchi, in una narrazione che è più un’opera audiovisiva che una serie TV.
Ogni episodio è un affresco disturbante, accompagnato dalle musiche eteree di Angelo Badalamenti, che contribuiscono a creare un’atmosfera onirica e disturbante. Non si guarda Il ritorno, lo si vive – come un sogno lucido, in cui non tutto è chiaro, ma ogni dettaglio lascia il segno.
Il preludio dell’incubo: “Fuoco cammina con me”
A chi cerca risposte, Lynch ha sempre dato nuove domande. E il film Fuoco cammina con me (1992), prequel della serie, ne è l’esempio perfetto. Qui ci viene raccontata la settimana che precede la morte di Laura Palmer. Una discesa negli inferi, tra abusi, possessioni e disperazione. Il film, inizialmente accolto con freddezza, è oggi considerato una pietra miliare dell’universo lynchiano.
Il lascito eterno di un capolavoro
Twin Peaks non è semplicemente una serie: è un fenomeno culturale. Ha ispirato generazioni di registi, sceneggiatori e artisti. Senza Twin Peaks, oggi non avremmo Lost, Dark, True Detective, Stranger Things e molti altri titoli che hanno osato spingersi oltre il formato tradizionale. Ma nessuno ha mai davvero eguagliato quel senso di mistero, quella commistione di ironia, angoscia e poesia che solo Lynch e Frost hanno saputo creare.
A 35 anni dalla sua prima messa in onda, I segreti di Twin Peaks continua a parlarci. Non è solo un omicidio da risolvere. È una riflessione sull’identità, sul dolore, sulle maschere che indossiamo ogni giorno. È la dimostrazione che la televisione può essere arte, e che il vero mistero non è chi ha ucciso Laura Palmer, ma cosa si nasconde dietro le tende rosse dei nostri sogni.
E allora, una tazza di caffè nero in mano, un donut sul piattino e la sigla di Badalamenti in sottofondo: buon compleanno, Twin Peaks. Ci hai cambiato per sempre.
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