Nel panorama del cinema fantastico, “Ho sposato una strega” rappresenta una gemma che brilla con un fascino intramontabile. Diretto nel 1942 da René Clair, questo film non è solo una commedia romantica, ma un audace esperimento che fonde il fantastico con l’ironia e la satira, ponendo nuove basi per le future commistioni di generi. La pellicola, sebbene risalente a più di settant’anni fa, continua a esercitare un’influenza notevole, dimostrandosi un modello ideale per chi intende esplorare l’intersezione tra l’amore e il soprannaturale.
René Clair, regista già affermato nel panorama europeo, porta negli Stati Uniti una visione che mescola la vitalità della commedia francese con le esigenze del pubblico americano. La sua carriera, che include opere avanguardistiche come “Entr’acte” e film simili al fantasy come “Paris qui dort”, gli conferisce una maestria unica nel creare atmosfere incantate e divertenti. “Ho sposato una strega” affonda le radici in un contesto storico e culturale ben definito, esplorando la vendetta di due fantasmi, una strega e suo padre, contro i discendenti di coloro che li hanno condannati a morte.
La trama si dipana a partire da un evento drammatico del 1672 a Salem, dove Irene e Daniele, rispettivamente una strega e suo padre stregone, vengono arsi vivi. Prima di morire, lanciano una maledizione sulla famiglia del giudice Wolley, responsabile della loro condanna. Questo gesto disperato segna il destino di generazioni a venire. Con l’arrivo del 1942, un fulmine colpisce la quercia piantata sopra le loro ceneri, liberando i due spiriti. La loro vendetta si focalizza su Wallace Wolley, un discendente del giudice, candidato alla carica di governatore e impegnato in un matrimonio senza amore.
In questo contesto, i dialoghi brillanti e frizzanti, supportati da una scrittura di Dalton Trumbo, rendono la pellicola irresistibile. La brevità della durata, circa 75 minuti, diventa un punto di forza, permettendo alla narrazione di mantenere un ritmo incalzante e coinvolgente. I personaggi, sebbene caricaturali, risultano profondamente umani e sfaccettati, e il film riesce a mescolare elementi comici e romantici senza mai risultare pesante. La straordinaria interpretazione di Veronica Lake nel ruolo di Irene conferisce al personaggio un fascino irresistibile, mentre il suo tormentato amore per Wallace crea una tensione che tiene il pubblico incollato allo schermo.
Nonostante la comicità, “Ho sposato una strega” non teme di esplorare tematiche più profonde, come il potere dell’amore e la vulnerabilità umana di fronte a forze superiori. Il conflitto tra Irene e il suo padre fantasma, Daniele, diventa il simbolo di una lotta generazionale, mentre la quarantena del padre in una bottiglia, metafora della necessità di liberarsi dal passato, offre una chiave di lettura suggestiva e originale.
La produzione del film, inizialmente affidata a Preston Sturges, subisce un cambio di rotta quando il regista abbandona il progetto per divergenze artistiche. Fredric March, che interpreta Wallace, e Susan Hayward, nel ruolo della rivale, portano la loro esperienza sul set, contribuendo a un’interpretazione che riesce a bilanciare l’umorismo con momenti di pura emozione.
La sua influenza si estende ben oltre il suo periodo di uscita. “Ho sposato una strega” è stato omaggiato e parodiato in diverse opere, tra cui il film del 1980 “Mia moglie è una strega”, che rappresenta un remake non dichiarato, e una storia a fumetti pubblicata su “Topolino”, che, purtroppo, non è mai stata ristampata a causa di contenuti ritenuti controversi. Con la sua combinazione di romanticismo, umorismo e fantasia, riesce a toccare le corde più profonde dell’animo umano, regalando momenti di autentica magia. Riscoprire questo capolavoro è un invito a immergersi in una narrazione che celebra l’amore in tutte le sue forme, dimostrando che, anche tra le risate e gli equivoci, il potere del cuore rimane inalterato.