“Happy Face”, la nuova serie true crime di Paramount+, si prepara a catturare l’attenzione degli spettatori con una trama inquietante e un’interpretazione eccezionale, offrendo uno sguardo intenso e coinvolgente sulla vera storia di Melissa G. Moore, la figlia del serial killer noto come Happy Face. Disponibile dal 21 marzo 2025, la serie si ispira al podcast omonimo e all’autobiografia Shattered Silence, scritta dalla stessa Moore, che esplora l’incredibile storia di un’adolescente che scopre, a soli 15 anni, che suo padre è un assassino spietato. Un racconto che è tanto straziante quanto affascinante, e che porta a riflettere sui temi della colpa, della vergogna e dell’identità.
La trama si snoda intorno alla vita di Melissa Reed (interpretata da Annaleigh Ashford), che da adulta cerca di lasciarsi alle spalle il peso di un passato che non può cancellare. Sposata e madre di due figli, Melissa lavora come truccatrice per il programma televisivo del dottor Greg (David Harewood), un talk show che si occupa di traumi e crimini. La sua vita, apparentemente tranquilla, è stravolta quando il suo padre, Keith Hunter Jesperson (un Dennis Quaid straordinario nella sua interpretazione del mostro mascherato da padre affettuoso), un serial killer noto come Happy Face, si rifà vivo. Dopo decenni di silenzio, Keith riesce a infiltrarsi nuovamente nella vita della figlia, costringendola a confrontarsi con un segreto che ha tenuto nascosto per tutta la sua esistenza.
La serie, che è un mix di verità e fiction, prende spunto dai veri eventi della vita di Melissa G. Moore, ma arricchisce la storia con una trama che aumenta la suspense e l’impegno emotivo. La vicenda di Melissa, una donna che ha vissuto la sua infanzia con il terribile sospetto che qualcosa non andasse con suo padre, è segnata dal dramma psicologico, dalla lotta interiore e dalla necessità di affrontare un futuro incerto. Un elemento centrale della serie è il tema della “maschera” – simboleggiato dal trucco che Melissa usa nel suo lavoro – che funge da metafora della duplicità e della difficoltà di nascondere una realtà dolorosa.
La performance di Dennis Quaid nel ruolo di Keith Hunter Jesperson è tanto inquietante quanto affascinante. L’attore, noto per i suoi ruoli più affabili, dimostra una capacità straordinaria nel cambiare registro, passando da un padre apparentemente affettuoso a un assassino gelido e manipolatore. Il suo utilizzo della voce, la modulazione dei toni, e il contrasto tra il comportamento paterno e la spietatezza del killer sono magistrali, rendendo il personaggio ancora più sinistro e complesso. Al suo fianco, Annaleigh Ashford offre una performance altrettanto potente, portando sullo schermo una Melissa che è la personificazione del dolore e della frustrazione, ma anche della speranza e della forza di chi ha lottato contro il proprio passato, cercando di proteggere la sua famiglia da un segreto troppo grande.
Il cast di supporto non è da meno: James Wolk nei panni di Ben Moore, il marito di Melissa, rappresenta il punto fermo nella vita di una donna che deve affrontare una verità devastante. La sua interpretazione è quella di un uomo che si trova impotente di fronte a una situazione che nessuno vorrebbe mai dover affrontare, ma che è costretto a condividere con sua moglie, unita al suo passato in un legame che nessuno avrebbe mai immaginato. Tamera Tomakili, nei panni della produttrice Ivy, aggiunge un elemento di curiosità e tensione, mentre David Harewood, con il suo ruolo di conduttore del talk show, incarna l’aspetto più morboso e voyeuristico della cultura dei crimini mediatici.
Il racconto di Happy Face non si limita a esplorare la vita di una figlia di un serial killer, ma ci invita a riflettere sul dolore che le famiglie di tali individui sono costrette a sopportare. La serie affronta tematiche difficili, come il bullismo, lo stigma sociale e la paura di diventare come i propri genitori. Melissa non solo deve fare i conti con la scoperta di ciò che suo padre ha fatto, ma deve anche affrontare le conseguenze di quella verità, che la perseguitano ogni giorno della sua vita, anche dopo aver cambiato identità e cercato di costruirsi una nuova famiglia.
L’approccio narrativo di Happy Face si muove tra la verità storica e l’intensità drammatica, senza mai dimenticare di focalizzarsi sulla psicologia dei personaggi. La trama si arricchisce di colpi di scena che mantengono alta la tensione, e ogni episodio è una nuova scoperta, una nuova chiave che apre la porta verso un ulteriore strato di questa storia complessa. La serie riesce a farci vivere l’angoscia di Melissa, la cui vita è segnata non solo dalla paura di essere associata al crimine di suo padre, ma anche dalla necessità di proteggere i suoi figli da una verità che li minaccia.
In un contesto moderno, dove la cronaca nera è spesso trattata come un intrattenimento morboso, Happy Face ci ricorda quanto sia facile manipolare l’opinione pubblica e come, in certi casi, la realtà superi di gran lunga la fantasia. Concludendo ogni episodio con un twist narrativo, la serie ci lascia con il fiato sospeso, desiderosi di sapere come si evolverà la storia e come la protagonista riuscirà a vivere con il “marchio” che suo padre le ha imposto. Con una chiara premessa per una possibile seconda stagione, Happy Face si conferma come una delle serie più coinvolgenti e provocatorie della stagione.
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