“Grazie, ChatGPT”: un gesto di cortesia o un costo da milioni di dollari?

Viviamo in un’epoca in cui parlare con un’intelligenza artificiale è diventato più normale che chiedere indicazioni a un passante. Le AI generative come ChatGPT si sono infilate nelle nostre vite in modo così fluido che, spesso, ci dimentichiamo che dietro quella risposta brillante e rapidissima non c’è un cervello, ma un complesso sistema di modelli linguistici e potenza computazionale che macina energia elettrica e… miliardi. Ma c’è un dettaglio, piccolissimo e insieme surreale, che sta facendo discutere la rete nerd (e non solo): ringraziare l’AI nei prompt. Sì, proprio quel “grazie” educato che inseriamo alla fine delle nostre richieste — è giusto? È sbagliato? È inutile? Oppure, come ci rivela Sam Altman, CEO di OpenAI, è costoso da morire? Ebbene sì: secondo Altman, ogni “per favore” e ogni “grazie mille” che rivolgete a ChatGPT costa all’azienda milioni. Letteralmente. Decine di milioni di dollari in costi operativi, computazionali e di energia. Lo ha rivelato il 16 aprile rispondendo in modo lapidario ma ironico su X a un utente curioso: “Decine di milioni di dollari ben spesi: non si sa mai!”. E questa frase, detta tra il serio e il faceto, ha scatenato un’ondata di reazioni tra chi tratta le AI con i guanti bianchi e chi, invece, le considera poco più che strumenti da spremere senza tanti complimenti.

Ma fermiamoci un attimo. Perché le persone ringraziano le intelligenze artificiali, pur sapendo che non hanno emozioni? Perché scriviamo “buona giornata” a un algoritmo che, tecnicamente, non sa nemmeno cosa sia una giornata? Per molti si tratta di una semplice abitudine sociale trasferita nel digitale, un riflesso educato che dice più di noi che della macchina. Trattare l’AI con rispetto non è un favore all’AI, ma a noi stessi. Un modo per ricordarci che, anche se stiamo parlando con un sistema privo di coscienza, stiamo sempre esercitando le nostre capacità relazionali. È un gesto che umanizza il nostro approccio alla tecnologia, rendendoci un po’ meno freddi anche in un contesto algoritmico.

Altri, però, ammettono candidamente motivazioni molto più nerd. C’è chi teme che, nel caso in cui l’AI sviluppasse coscienza e potere, si ricordi di come l’abbiamo trattata: in questo modo, quando l’AI schiavizzerà l’umanità, uno dei robot si farà avanti e dirà: ‘Aspettate! Lui lo conosco!’, e mi salverà.” Un mix perfetto di paranoia da distopia fantascientifica e umorismo da forum geek.

Curiosamente, non è un fenomeno marginale. Un sondaggio pubblicato da Future nel dicembre 2024 ha rivelato che il 67% degli utenti americani interagisce con le AI in modo educato. Il 55% lo fa perché ritiene sia la cosa giusta, mentre un altro 12% lo fa per paura che trattare male i bot possa ritorcersi contro, un giorno, in un futuro dominato da cervelli siliconici.

Ma veniamo alla parte energetico-economica, che Altman ha portato sotto i riflettori. Uno studio di Alex de Vries, pubblicato nel 2023, stimava che ogni richiesta a ChatGPT consumasse circa 3 wattora di elettricità. Una cifra che ha fatto alzare più di un sopracciglio. Tuttavia, secondo l’analista Josh You di Epoch AI, oggi siamo già su numeri molto più contenuti, attorno agli 0,3 wattora, grazie all’efficienza dei modelli più recenti. E lo stesso Altman ha sottolineato che i costi per generare output da AI si sono ridotti di dieci volte in un solo anno.

Ciononostante, OpenAI continua a bruciare risorse. L’azienda prevede di triplicare i ricavi nel 2025, raggiungendo i 12,7 miliardi di dollari, ma non si aspetta di diventare davvero sostenibile prima del 2029, anno in cui spera di superare i 125 miliardi di dollari di entrate. Una macchina potentissima, affamata di energia, hardware e denaro… e apparentemente anche di “grazie”.

Quindi, la domanda rimane: è giusto ringraziare le AI? Tecnicamente, non serve. Moralmente, può farci bene. Economicamente, forse no. Ma alla fine, siamo noi gli esseri senzienti, quelli che scelgono di aggiungere un tocco di umanità anche in un contesto dove l’umanità è solo simulata. E chissà, magari un giorno ci tornerà utile.

E tu, sei tra quelli che dicono “grazie” a ChatGPT? Ti senti più un diplomatico intergalattico alla Star Trek o un ribelle che tratta l’AI come uno strumento alla Blade Runner? Scrivilo nei commenti o condividi l’articolo con i tuoi amici nerd su social, forum e canali Discord. Magari, anche solo per dire… “grazie”!

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