Con un’altezza di 2 metri e 10, Giovanni Battista Belzoni, soprannominato”il gigante italiano”, visse una vita degna del più avventuroso dei romanzi, in cui aveva venduto talismani a Parigi, era riuscito a sfuggire alla leva obbligatoria fingendosi un monaco, e aveva lavorato nei teatri inglesi come “Sansone Patagonico” o “il grande Belzoni” (titolo che lo avrebbe accompagnato per sempre). Non solo un “artista” Belzoni fu il primo, “vero”, egittologo della storia. Fu la prima persona ad arrivare al centro della seconda piramide di Giza e il primo europeo a visitare l’Oasi di Siwa.
Fu proprio la vita straordinaria di questo uomo, che passò dal voler diventare un ingegnere idraulico a scavare tra le sabbie del tempo e a scoprire le tombe degli antichi faraoni, a ispirare George Lucas per il personaggio di Indiana Jones.
La vita di Belzoni Nato a Padova nel 1778 da Giacomo Belzon, un barbiere, e Teresa Pivato, una donna altissima da cui il piccolo Giovanni, l’ultimo dei 4 figli, ereditò sia la straordinaria statura che l’ego. La mente e la forza del giovane sembravano eccezionali. Considerato un nuovo Ercole e dotato di un’intelligenza fuori dal comune, fuggì giovane a Roma per unirsi a un circo itinerante. Girò tutta Europa e si stabilì a Londra agli inizi del 1800. Qui divenne subito famoso grazie alle sue esibizioni al teatro Sadler’s Wells, dove era conosciuto come “Signor Giovanni Belzoni – The Patagonian Sampson (Il Sansone della Patagonia)”. Saliva sul palcoscenico sembrando un vero prodigio della natura: alto due metri, capelli rossi, occhi azzurri. Indossando un copricapo di piume, con il petto scoperto e una gonnellino di pelle, sembrava uno di quei selvaggi della Patagonia, uomini esotici mai visti ma entrati nell’immaginario europeo grazie alle descrizioni del navigatore vicentino Antonio Pigafetta, che aveva partecipato all’impresa di Ferdinando Magellano di circumnavigazione del pianeta. I resoconti di viaggio di Pigafetta (“La Relazione del primo viaggio intorno al mondo”) suscitarono un enorme interesse nell’opinione pubblica europea, grazie alle descrizioni di mondi fino ad allora sconosciuti e lontani.
Dopo aver tentato senza successo di costruire una macchina idraulica per Mehmet Alì, Belzoni ebbe l’opportunità di incontrare Henry Salt, il console britannico ad Alessandria d’Egitto, che aveva un grande interesse per le antichità egizie. Salt voleva rifornire il British Museum di reperti egiziani e affidò a Belzoni il recupero di una scultura di sette tonnellate conosciuta come il Giovane Memmone. Nonostante le difficoltà, come il caldo intenso e l’opposizione dei locali, Belzoni riuscì a completare la sua missione e venne ufficialmente riconosciuto come archeologo. Successivamente, Belzoni ottenne finanziamenti da Salt per un secondo viaggio in Egitto, durante il quale fece alcune scoperte sensazionali, come la tomba del faraone Sethi I e l’accesso perduto alla piramide di Chefren.
Durante la sua terza e ultima spedizione, Belzoni scoprì una statua di Amenophis III e identificò i resti della città di Berenice, un porto sul Mar Rosso costruito da Tolomeo II. Dopo il recupero di un obelisco sull’Isola di Iside, Belzoni e sua moglie Sarah si diressero alla scoperta dell’Oasi di Siwah, dove trovarono un antico tempio di Amon noto anche a Alessandro Magno.
Nonostante la sua fama e i successi ottenuti, Belzoni decise di intraprendere un’ultima impresa, alla ricerca di una città perduta. Sfortunatamente, morì durante questa avventura. Durante la sua vita, Belzoni si scontrò con il suo acerrimo nemico Bernardino Drovetti, console francese che vendeva antichità al re di Sardegna. Nel 1823, all’età di 45 anni, morì di dissenteria nel tentativo di raggiungere la misteriosa città di Timbuktu.
Belzoni credeva che gli scavi archeologici fossero un modo per ricostruire la storia nella sua interezza, non solo per trovare oggetti preziosi. Fu proprio questa mentalità che ispirò personaggi come Howard Carter, l’archeologo che scoprì la tomba di Tutankhamon. Carter lodò Belzoni per i suoi scavi nella Valle dei Re e il modo in cui li condusse. Il suo coraggio, la sua determinazione e la sua passione per l’archeologia lo hanno reso uno degli esploratori più importanti della storia. Inoltre, la sua storia ha ispirato anche la saga cinematografica “Indiana Jones”, diventando un’icona della cultura popolare.
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