L’avventura di Lucca Cosplay nasce in seguito alla visione da parte mia e di alcuni amici di OTAKU NO VIDEO, un anime del 1991 in due puntate per l’home video opera dello studio Gainax (quello di Evangelion, per intenderci).Questo anime mescola fiction e riprese dal video in una sorta di grande documentario sugli otarda, e fra le tante cose di cui parla, c’è appunto il cosplay.L’impatto fu tale su quei ragazzini pieni di passione che io ed alcune delle persone che videro con me questo anime esclamarono quasi all’unisono: “ragazzi, dobbiamo farlo anche noi!”…E fu così che l’anno successivo, era il 1996 se non erro, ci fu il mio primo cosplay fatto con la piena consapevolezza di cosa il cosplay fosse (in precedenza mi ero già “divertito” a frequentare la fiera vestito da Dylan Dog e Lupin III), vestito da Ranma ½ insieme ad altri due coraggiosi compari.Al tempo credo che fossimo veramente solo noi 3 ad essere in costume in tutta Lucca Comics…Comunque la cosa piacque, fece scalpore e ci attirò grande simpatia da parte dei visitatori che all’epoca erano assolutamente stupiti della cosa!L’anno successivo eravamo già 3 o 4 persone in più a gironzolare in cosplay in quel di Lucca, e fu allora che io e una mia cara amica, Nicoletta Bernacchi, anche lei socia dell’Associazione Culturale Flash Gordon, pensammo per la prima volta che sarebbe stato carino creare una sfilata, una gara giocosa che permettesse a tutti i cosplayer di ritrovarsi, esibire la propria passione e la propria bravura, ed avere un centro di aggregazione all’interno di Lucca Comics.Le difficoltà non furono poche, ma alla fine Lucca Cosplay era nata…Il resto, come si suol dire, è storia!
Da dove nasce la tua personale passione per il cosplay?
Quel che mi ha sempre affascinato del cosplay è il grande entusiasmo che lo accompagna, la passione, e quel pizzico di trasgressione che non guasta mai!Travestirsi per una festa in maschera o per un carnevale spesso e volentieri non implica la minima
passione, è solo un “lasciapassare” per essere parte di un evento socialmente rilevante.Il cosplay è tutt’altra cosa, è voglia di divertirsi ed evadere, ma è anche voglia per un giorno di essere il personaggio che si ama ed immedesimarsi in lui!E tutto questo si riflette nella cura dei dettagli, nella scelta dei materiali, e perché no, nel modo di comportarsi e di atteggiarsi!
A quante gare di cosplay hai partecipato fino a oggi?
In totale penso a una quindicina al massimo, non molte considerando la quantità di gare che si svolgono ogni weekend in giro per l’Italia.
Qual è per te la differenza tra un cosplay e un semplice travestimento?
Come in parte ho già spiegato sopra, la differenza che c’è fra il vestirsi semplicemente da un tale personaggio e farne il cosplay è che chi pratica cosplay in maniera più “profonda” ama un determinato livello di immedesimazione comportamentale, che non diventi alienazione ovviamente, ma che dia una “sostanza” agli abiti e agli accessori che indossa! E l’immedesimazione è ovviamente recitazione, timbro di voce, linguaggio, sguardo, atteggiamento.
In base a quali criteri scegli i personaggi dei cosplay da interpretare?
Credo che per quanto trasformista e camaleontico un cosplayer possa essere, ci debba essere un minimo di attinenza fra la propria fisionomia e quella del personaggio che si vuol interpretare, onde evitare il rischio di risultare poco credibili o strani (per non dir peggio)!
Tanto per intenderci, con il mio fisico asciutto sarei piuttosto ridicolo se decidessi di interpretare un personaggio che ha nell’esuberanza muscolare la caratteristica più in vista!
C’è stato un cosplay che amavi ma che ti ha dato particolari difficoltà nella realizzazione?
Auron di Final Fantasy X è stato particolarmente difficile da realizzare, soprattutto per i tanti dettagli e per l’arma…
Che tipo di conoscenza teatrale-recitativa deve possedere chi interpreta un cosplay?
Non credo che sia giusto parlare di “deve”…In effetti, ognuno vive il cosplay nella maniera che più lo aggrada, e anche il solo travestimento esteriore privo di qualsiasi interpretazione è “fare cosplayer”. Non ci sono obblighi di sorta.MA se si vuole avere una marcia in più, allora qualsiasi conoscenza teatrale-recitativa può essere utile per essere più convincenti, più incisivi!L’importante è rendersi conto dei propri limiti e cercare di non valicarli.Non è facile riempire anche i pochi minuti a propria disposizione durante una scenetta cosplay con una recitazione che sia convincente, non è facile far ridere, e non tutti sono “bestie da palcoscenico” sin dalla nascita…Ecco, questo purtroppo viene dimenticato da alcuni cosplayer, che in preda all’esuberanza, quando sono sul palco tendono a strafare…
La peculiarità del cosplayer è l’attenzione ai particolari (abiti, accessori, movenze, battute): secondo te quanta di questa passione per i particolari è riconducibile all’amore che hanno i giapponesi per i particolari e quanto invece è stato aggiunto dagli stranieri che lo praticano?
L’attenzione per i dettagli è insita nello spirito stesso del cosplay per il quale il cosplayer vuol’essere il più simile possibile al personaggio che rappresenta prestando attenzione anche ai particolari più insignificanti.E’ una peculiarità che ritengo trasversale fra l’origine giapponese del fenomeno e la sua espansione in occidente.
Quali altri aspetti del Giappone ti appassionano maggiormente, oltre al cosplay?
La cultura, la storia di questo grande paese, il fascino di eventi e tradizioni così lontane dalle nostre…E tuttora, ai giorni nostri, la indicibile sensazione che si ha quando si è in Giappone di essere REALMENTE catapultati in un altro mondo, tanto è diverso il modo di pensare e la società stessa!In Giappone esiste un concetto che si chiama mono no aware: si tratta del sentimento di dolce tristezza che ti prende quando osservi qualcosa di incomparabilmente bello e destinato a scomparire (la fioritura dei ciliegi, il tramonto, la bruma sulla piana di Yoshino), che sono tutte attività per cui devi necessariamente fermarti, osservare, e sospirare per lo spleen percepito
Pensi che anche nel cosplay sia applicabile? Sto pensando al momento in cui il cosplayer assume la posa tipica del suo personaggio: non si potrebbe considerare la versione urbana della contemplazione di una bellezza fugace, e un commovente quanto disperato tentativo di cristallizzarla nell’attimo fotografico?
Indubbiamente! La grande evoluzione che c’è stata nella fotografia applicata al mondo del cosplay è stata proprio in tal senso: mentre prima gli scatti erano documentaristici, statici, illustrativi, pian piano le cose sono cambiate, i fotografi da una parte e i cosplayer dall’altra si sono resi conto delle enormi potenzialità espressive di questo mondo, ed hanno iniziato a convergere, a lavorare in sinergia per creare, per cristallizzare quell’attimo di bellezza fugace.Può sembrare esagerato dirlo, ma credo che quando il fotografo scatta una foto, più che mostrare banalmente la realtà, è come se di fatto immortalasse l’intesa che c’è fra lui ed il cosplayer!E da quanto questa intesa è buona, dipende la resa finale dell’attimo, del “cristallo”!
La posa caratteristica del personaggio che assume il cosplayer ricorda molto da vicino anche il mie del teatro kabuki, cioè il momento in cui l’attore assume la posa caratteristica che permette al pubblico di riconoscere il suo personaggio, creando un momento di pathos caratterizzato da una cristallizzazione dell’azione. Pensi che anche questo aspetto della cultura classica giapponese possa aver influenzato la nascita del cosplay come arte contemporanea?
In realtà non credo che ci sia questo legame culturale, anche perché l’immedesimazione nel personaggio, sia come pose che come recitazione, è un elemento che è stato introdotto dagli occidentali nel mondo del cosplay e non era proprio del cosplay giapponese!In Giappone per molti anni la tendenza dei cosplayer è stata di non esibirsi per niente o esibirsi in modo molto contenuto, discreto, e per certi versi stereotipato.Adesso sull’onda di una certa globalizzazione del fenomeno le cose stanno cambiando, ma siamo ancora a livelli molto contenuti rispetto a come le cose vengono vissute in occidente!
Uno dei personaggi che interpreti più spesso e con molta versatilità è quello del vampiro: perché hai scelto proprio il vampiro?
Il vampiro è fascino allo stato puro.
Potentissimo, eppure vulnerabile ad un semplice raggio di sole…
Arrogante e sfrontato, ma spesso triste e melanconico per la propria condizione di immortale solitudine…
Ferocia di belva assassina, ma anche passione e sensualità…
E che dire del conflitto fra la parte rimasta umana e la nuova realtà di creatura immortale?
Del morale dilemma interiore se seguire le “leggi” di ciò che è stati o di ciò che si è diventati?
Quanto i tuoi vampiri sono influenzati dalle leggende che stanno dietro a questo tipo di personaggio?
Molto e niente allo stesso tempo: il modo che ho di rappresentare un vampiro è frutto di tutto ciò che ho letto, visto e assimilato fino ad oggi, ma tutto questo è stato plasmato e rimodellato direi inconsciamente per creare una mia personale “visione” della creatura!
Hai mai creato un vampiro partendo da una tua idea e non copiando semplicemente un vampiro già noto?
Per quanto nel mio modo di rappresentare un vampiro ci siano elementi estetici che possano richiamare taluni vampiri famosi (la tuba e gli occhiali scuri dal “Dracula” di Coppola ad esempio), e per quanto la mia fisionomia e la mia capigliatura in particolare abbiano ricordato a molti il vampiro Armand interpretato da Banderas in “Intervista con il vampiro”, il modo che ho di vestirmi ed interpretare la nobile creatura della notte è tendenzialmente originale, tutta mia.Il rossetto nero sulle labbra, il contrasto fra l’eleganza della camicia a sbuffo ed un paio di pantaloni di pelle… Questi e molti altri elementi sono mie idee, frutto anche di una personale e assai lunga passione per l’abbigliamento e l’immaginario gotico!
Discorso ben diverso è per il progetto cosplay di interpretare il Dracula come visto nel film di Coppola: in quel caso mi adopererò per assomigliare e ricreare il più fedelmente possibile l’eleganza ed il carisma di Gary Oldman, e l’impresa non sarà certo delle più facili!
Ti è mai capitato di perdere il confine tra la quotidianità del tuo essere umano e il personaggio che interpreti?
Potrei rispondere di SI per suscitare stupore, ma la realtà è che nonostante tutta la mia esuberanza, riesco sempre a mantenere le due cose su binari paralleli. MOLTO vicini tra di loro, ma pur sempre paralleli!
Pensi che l’interpretazione di vari personaggi sia una semplice manifestazione di narcisismo o ti ritieni personalmente eclettico nel “mutare forma” così facilmente?
Un pizzico di esibizionismo è insito nel fare cosplay, sarebbe inutile negarlo.Ma per quanto mi riguarda, se fosse questa la motivazione unica, penso che avrei smesso da tempo di far parte di questo “mondo”, anche perché a vivere una passione basandosi unicamente sulle attenzioni ricevute, si finisce per esigerne sempre e sempre di più, finendo poi inevitabilmente con lo sbattere crudelmente la testa contro un muro…Essere eclettici è invece qualcosa che più si confà al mio carattere e al mio modo di vivere: sostanzialmente ho davvero tante cose dentro alla mia testa che reclamano attenzione, tanti “personaggi”, tante sfaccettature, tante “cose” che vorrei essere ma che la società non mi permette di essere… “mutare forma”, ecco, è un modo di dare una sostanza a tutto questo, è un modo di concretizzarlo fisicamente, di dargli corpo!
… e Gianluca concretizza veramente il suo eclettismo: ce ne ha dato prova nel servizio fotografico che abbiamo realizzato nel cimitero sconsacrato di San Zenone degli Ezzelini (TV) assieme a lui, e di cui qua potete ammirare alcune foto.
© ANNA CASTELLI – 2010
Anna ‘Emozioni Veneziane’ Castelli (questo il suo nick su Facebook), quando non si diverte a intervistare vampiri, è scrittrice: “EMOZIONI VENEZIANE”, uscito per Aletti Editore nel 2009, è il suo primo romanzo . Tinto Brass, il famoso regista, ha impreziosito il libro con la sua prefazione. Laureata in Lingue e Letterature Orientali (magistero giapponese) con una tesi sui costumi del teatro Kabuki. Rocker per la band “Electro Geisha” (oramai sciolta), inizia a 15 anni con il blues di cui ogni tanto si diverte a improvvisare brani in occasione delle sue presentazioni letterarie. Selezionata da Aletti Editore con “Stirpe”, “Paganini”, “Oscuro Teatro di Menti Contradditorie”, tre poesie apparse in tre differenti raccolte della casa editrice. Selezionata con “Ode Distorta”, poesia apparsa nella raccolta “Poesie nel Cassetto 2008” edita dal Comune di Venezia – Carpenedo. Finalista per la città di Venezia al Concorso Nazionale “Subway Letteratura 2008”. Protagonista del duello di sciabola “Pirati Vs. Nobili – alla ricerca di Lady Anna Wickerlane”, in cui ha preparato un vero duello all’arma bianca svoltosi a luglio 2010 in Riviera del Brenta presso lo storico locale “Ostaria dai Kankari” grazie al Magistro Re di Scherma Storica Giovanni Rapisardi. Sulle sue note di Facebook potete trovare altre sue creazioni.
Anna ringrazia sentitamente tutti coloro che hanno permesso la realizzazione dell’intervista:
- Gianluca Betti (www.facebook.com/lordashram75) per l’intervista concessa
- Mattia Trevisan (mattiashadow@yahoo.it) per aver fornito “l’idea giusta”
- Comune di San Zenone degli Ezzelini (http://www.sanzenonedegliezzelini.eu), Accademia San Zenone (http://www.academia-san-zenone.com/), Gianni e Maurizio per aver messo a disposizione la suggestiva location del servizio fotografico
- Marcello Masiero (fotografo ufficiale): http://www.marcellomasiero.it/
- Oscar Borella (fotografo e artistic manager): osca
rez71@gmail.com
Gianluca inoltre ringrazia Anna e Oscar “per lo spettacolo di weekend” (parole sue!)
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