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Garbage Influencer: il lato oscuro dei social tra disagio, caos e viralità

Dimenticate il minimalismo zen e le case perfette di Marie Kondo. Su TikTok sta esplodendo un fenomeno che è l’esatto opposto: quello dei garbage influencer, creator che trasformano il disordine estremo e il disagio mentale in contenuto virale. Ma cosa si nasconde dietro questi video che mescolano shock, autoironia e una crudezza quasi disturbante?

Benvenuti nel mondo di Saikyo-chan e Haritsuuu, dove la sporcizia è protagonista, gli insetti fanno da comparse e il caos domestico diventa performance.

Chi sono i garbage influencer?

Il termine “garbage influencer” (letteralmente influencer della spazzatura) si riferisce a una nuova ondata di creator – spesso giapponesi – che raccontano la propria vita quotidiana in ambienti invasi dal disordine, dai rifiuti e dalla trascuratezza più totale. Non si tratta di set creati ad arte: molte volte, questi spazi riflettono un disagio reale.

Tra le più note c’è Saikyo-chan, giovane TikToker giapponese diventata virale dopo aver mostrato scorci del suo appartamento infestato da scarafaggi. Nei suoi video, mentre prepara un frullato o balla in strada avvolta in fogli di carta colorati, il caos sullo sfondo è sempre protagonista. E non è un caso: è parte della strategia. Più scioccante è il contenuto, più cresce l’engagement.

Disagio che diventa virale: tra rage bait e bed rotting

Il successo dei garbage influencer è legato a meccanismi ben precisi del web: rage bait, ovvero contenuti pensati per provocare reazioni forti, e curiosità morbosa. Gli utenti commentano indignati, si chiedono se sia tutto reale o costruito, si confrontano. Il risultato? Migliaia di visualizzazioni, follower in crescita e creator che capitalizzano sul loro disagio.

Non è un caso isolato: il tutto si inserisce in una tendenza più ampia, quella del bed rotting, la pratica (molto Gen Z) di passare ore nel letto, senza fare nulla, scorrendo TikTok o mangiando in uno stato di apatia.

Dalle case in rovina al fenomeno sociale: i gomi-yashiki

In Giappone, il disagio legato al caos domestico ha un nome: gomi-yashiki, ovvero “casa spazzatura”. Non si tratta solo di disordine, ma di veri e propri ambienti invivibili, spesso abitati da persone sole, anziane o affette da disturbi mentali come la sindrome di Diogene. Qui si accumula di tutto: bottiglie, rifiuti, oggetti senza valore, fino a trasformare la casa in un incubo visivo e olfattivo.

Il Giappone, celebre per la sua estetica ordinata e per i suoi spazi minimalisti, nasconde dunque una realtà meno patinata, in cui il consumismo ha lasciato segni profondi. Negli anni ’80, durante il boom economico, l’accumulo di beni era simbolo di status. Oggi, in un Paese che invecchia e si isola, quello stesso impulso si è trasformato in un’ossessione che sfugge al controllo.

Minimalismo? Un’illusione selettiva

La popolarità mondiale di figure come Marie Kondo ci ha convinti che il Giappone sia la patria dell’ordine e della leggerezza zen. Ma lo stesso Paese è anche quello dei tsundoku (l’arte di accumulare libri mai letti), dei gashapon (miniature in capsule da collezionare all’infinito) e del culto per l’oggetto. Il minimalismo giapponese è spesso una risposta estrema a un disordine estremo.

Come sottolinea lo scrittore Matt Alt, Kondo stessa è emersa da una cultura del possesso compulsivo, e il suo metodo KonMari risponde a un bisogno disperato di ristabilire ordine nel caos. Un caos che, nei garbage influencer, non viene nascosto, ma esibito come forma estrema di comunicazione.

Tra otaku, hikikomori e accumulatori seriali

Nel suo saggio Otaku. La cultura che ci ha trasformato in animali accumuladati, Hiroki Azuma descrive un Giappone postmoderno dominato da consumi frammentati e privi di gerarchie. L’otaku diventa un accumulatore di oggetti (e dati), non per bisogno ma per forma mentis. Una logica che ritroviamo nei garbage influencer, in bilico tra cultura pop, disagio mentale e performance social.

Anche l’hikikomori 2.0 si evolve: non si limita più a scomparire, ma mette in scena il proprio isolamento su piattaforme globali, con TikTok che diventa un palcoscenico tra ironia e tragedia. Saikyo-chan, Haritsuuu e altri creator raccontano un malessere generazionale che va oltre il Giappone, toccando anche l’Occidente: una solitudine iperconnessa, dove si è sempre online ma sempre più soli.

L’era TikTok e il disagio da spettacolo

Il successo dei garbage influencer ci costringe a guardare in faccia una verità scomoda: i social non premiano il bello, ma ciò che attira l’attenzione, anche (e soprattutto) se disturbante. Il disagio viene spettacolarizzato, il caos diventa contenuto, e l’estremo si trasforma in normalità.

Forse è questo il lato oscuro della cultura pop nel 2025: un mondo dove si “marcisce nel letto” tra una scrollata e l’altra, circondati da oggetti che non ci servono e da contenuti che parlano di noi più di quanto siamo pronti ad ammettere.

maio

Massimiliano Oliosi, nato a Roma nel 1981, laureato in giurisprudenza, ma amante degli eventi e dell'organizzazione di essi, dal 1999 tramite varie realtà associative locali e nazionali partecipa ad eventi su tutto il territorio nazionale con un occhio particolare al dietro le quinte, alla macchina che fa girare tutto.

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