In questi ultimi anni il cinema americano ci propone, costantemente, una ricca offerta di film tratti dai “Popular Young Adult Science Fiction Books“: The Hunger Games, trilogia di fantascienza per ragazzi scritta da Suzanne Collins che comprende Hunger Games (2008), La ragazza di fuoco (2009) e Il canto della rivolta (2010).
Divergent, primo racconto della trilogia creata dalla scrittrice americana Veronica Roth. Pubblicato negli Stati Uniti il 3 maggio 2011 è diventato in breve tempo un best-seller con più di un milione di copie vendute. Successi come anche Il mondo di Jonas (Quartet of The Giver) o The Giver – Il donatore (1993), di Lois Lowry , primo capitolo di una fortunata serie di cui fanno parte anche i romanzi La rivincita (2000), Il messaggero (2004) e Il figlio (2012), uscito in Italia con il titolo Il mondo di Jonas, (Mondadori, 1995) e come The Giver – Il donatore (Giunti, 2010). Senza dubbio queste pellicole segnalano il riemergere dell’interesse del pubblico giovanile verso un genere che ha più di cent’anni di vita: il romanzo distopico. La letteratura ci fornisce innumerevoli esempi di società distopiche: già nel primo Novecento incontriamo narrazioni fantapolitiche e antitotalitarie. Precursore del genere è forse H.G. Wells, che nel 1895, nel suo romanzo La macchina del tempo aveva immaginato un futuro in cui i discendenti della classe dirigente vittoriana, gli Eloi, venivano allevati come carne da macello dai Morlocchi, discendenti della classe operaia.
Il padrone del mondo di Hugh Robert Benson, scritto nel 1907, è un romanzo profetico che racconta l’ascesa del grande filantropo Giuliano Felsemburgh, democratico e rassicurante fautore della pace mondiale, realizzerà un mondo ideale con l’avvento di un nuovo umanitarismo volto a stemperare le differenze fra le religioni e predica la tolleranza universale ma che sfocerà in violenze e persecuzioni nei confronti della Chiesa cattolica.
Il mondo nuovo (Brave New World) altro romanzo di fantascienza di genere distopico scritto nel 1932 da Aldous Huxley anticiperà temi quali lo sviluppo delle tecnologie della riproduzione, l’eugenetica e il controllo mentale, usati per forgiare un nuovo modello di società. Difatti Il romanzo distopico è caratterizzato dalla presenza nella storia di una società che è la peggiore possibile. Il termine distopia nasce nel 1868 a opera del filosofo John Stuart Mill, anche se un termine diverso ma dallo stesso significato (cacotopia – dal greco kakós ovvero cattivo e tòpos – luogo) era già stato usato nel 1818 da Jeremy Benthan.
Questi racconti hanno molte caratteristiche comuni ma anche alcuni tratti distintivi: la rappresentazione di società futuristiche distopiche, la presa di coscienza della realtà da parte di giovani “eroi”, la presenza di adulti guida e/o antagonisti e il capovolgimento dello status quo. L’ambientazione del romanzo distopico è sostanzialmente un lontano futuro, o un presente che si è evoluto in modo diverso – e peggiore – da quello reale e che rifiuta fortemente il passato, ogni forma di emozione e di libero pensiero e l’evidenza dei fatti storici.
Siamo sicuri che le realtà descritte in questi romanzi siano davvero peggiori di quelle odierne? Esistono giovani “comuni” disposti a cambiare le regole del gioco? Capaci di far risvegliare le coscienze collettive? La visione di questi film da parte dei ragazzi rappresenta solo una moda, un trend passeggero? Oppure sortisce qualche effetto producendo anche qualche spunto di riflessione?
Invero, oggi mi sembra davvero di vivere in un romanzo distopico: naturalmente, le condizioni di vita e le prospettive dei giovani cambiano da paese a paese: da un lato, in alcune zone del mondo, i bambini e i ragazzi sono vera e propria “carne da macello” utilizzati da governi e organizzazioni politiche e paramilitari ( Isis, Al – Quaeda, etc.) per folli piani che celano e hanno sempre celato da secoli la bramosia del potere e lo spirito di sopraffazione. Dall’altro lato nelle aree cosiddette “democratiche” e “civili” o “industriali” dove essi sembrano rotelline di un ingranaggio illusorio che promette di creare felicità, benessere, abbondanza, autodeterminazione ma che rende perlopiù questi ultimi depressi e impotenti.
Ma per quale motivo bisogna stravolgere lo status quo? Mi chiedo se i giovani cinesi vogliano cambiare la propria realtà, oppure i giovani russi, i giovani palestinesi e israeliani, i giovani arabi, i giovani europei, i giovani africani etc. Magari si, secondo una propria visione del mondo o della realtà nella quale essi vivono. Oppure no. Perché dovrebbero? Tutti uniti per quale tipo di società? Tutti uniti per quali bisogni, sogni e interessi da soddisfare o da realizzare? Questo potrebbe essere concepito come il migliore dei mondi possibili. Scusate sono andata fuori tema. Mi sono lasciata trasportare da un altro genere di film o di romanzo, quello utopico. In effetti l’utopia e la distopia sembrano raffigurare le due facce estreme della stessa medaglia come d’altronde queste realtà poc’anzi descritte che possono apparire distanti, ma che in realtà risultano essere talvolta fortemente concatenate e legate indissolubilmente, rappresentando le due facce estreme di uno stesso male.
di Danila Iacomino