Il 13 agosto 1976, nelle sale americane, debuttava Futureworld – 2000 anni nel futuro, un film drammatico-fantascientifico diretto da Richard T. Heffron, sequel del celebre Il mondo dei robot (1973) scritto e diretto da Michael Crichton. Se il primo film aveva portato sul grande schermo una visione inquietante e avvincente di un parco tematico popolato da androidi fuori controllo, Futureworld ha faticato a replicare lo stesso impatto, perdendo il fascino del suo predecessore e scivolando in una trama a tratti confusa, con una realizzazione che non riesce a rendere giustizia alle sue potenzialità.
La storia di Futureworld si sviluppa due anni dopo i tragici eventi narrati in Il mondo dei robot. Il parco Delos, dove le macchine hanno preso il controllo e seminato il caos, riapre sotto una nuova gestione. Questa volta, però, il parco è stato aggiornato con misure di sicurezza avanzate, tra cui androidi al comando, che dovrebbero evitare nuovi disastri. Quando i giornalisti Chuck Browning e Tracy Ballard vengono invitati all’inaugurazione del parco, sospettano che dietro le quinte si nasconda qualcosa di losco. Le loro indagini li portano a scoprire un complotto ordito dal direttore del parco, il Dr. Schneider, volto a sostituire importanti figure politiche con androidi perfettamente identici agli esseri umani.
Il film, purtroppo, non riesce a capitalizzare l’ottima intuizione di base, che prende spunto dal crescente dominio della tecnologia e dei robot sulla nostra vita. Futureworld solleva un tema interessante: la sostituzione degli esseri umani con macchine, una riflessione che oggi risulta ancora più rilevante alla luce delle recenti discussioni su intelligenza artificiale e automazione. Tuttavia, il modo in cui la trama si sviluppa non riesce a dare profondità al concetto. I dialoghi, infatti, risultano a tratti forzati e poco ispirati, mentre la sceneggiatura, che si affida a frasi tecniche come “anomalia nel settore X-14” o “flusso prismatico interrotto”, suona più come un tentativo di impressionare con un linguaggio pseudo-scientifico piuttosto che un’effettiva componente della narrazione. L’impressione è che il film stia cercando di camminare su due strade opposte: quella di una fantascienza seria e riflessiva e quella di un action movie incentrato su inseguimenti e colpi di scena che, però, non riescono mai a decollare.
Una delle principali carenze del film è proprio la sceneggiatura. Invece di concentrarsi sull’introspezione dei personaggi e sull’esplorazione dei temi di identità, realtà e potere della tecnologia, come avveniva nel primo film, Futureworld si perde in una sequenza di eventi che si limitano a inseguimenti e situazioni improbabili. La pellicola non riesce mai a entrare nel vivo del conflitto psicologico tra uomo e macchina, preferendo un approccio più superficiale che si concentra più sull’azione che sulla filosofia dietro il concetto di automazione e sostituzione delle persone con robot. Con frequenti cambi di scena improvvisi e l’introduzione di tecnologie futuristiche che sembrano essere messe lì solo per fare scena, il film fatica a mantenere una narrazione coerente.
Sul fronte degli attori, Futureworld non riesce a brillare, a parte alcune eccezioni. Peter Fonda, nel ruolo di Chuck Browning, è il protagonista principale, ma la sua performance lascia a desiderare. Nonostante la grandezza della sua famiglia (Henry e Jane Fonda), Peter non riesce a trasmettere quella carica emotiva che ci si aspetterebbe da un protagonista in un film del genere. Dall’altra parte, Blythe Danner, che interpreta Tracy Ballard, offre una performance solida e convincente, riuscendo perlomeno a risollevare il livello della pellicola in alcune delle sue scene. Non mancano poi altri volti noti come Arthur Hill e Yul Brynner, che fanno capolino in una breve apparizione, ma il loro contributo è più un omaggio al primo film che una vera e propria aggiunta alla trama.
In termini di legame con Il mondo dei robot, Futureworld tenta di sfruttare l’eredità del film, ma non ci riesce appieno. La presenza di Yul Brynner, che torna a vestire i panni dell’androide pistola-veloce, è una reminiscenza del suo ruolo iconico, ma la sua comparsa, purtroppo, è ridotta a un cameo che non arricchisce realmente la storia. Il film avrebbe potuto portare avanti le riflessioni sociali e tecnologiche sollevate dal predecessore, ma lo fa in modo maldestro, puntando più sulla spettacolarità e sull’azione a tutti i costi, senza riuscire a incastrare efficacemente questi elementi con la trama centrale. Futureworld – 2000 anni nel futuro è un film che non riesce a sfruttare il suo potenziale. Nonostante alcuni spunti interessanti legati al rapporto tra uomo e macchina e alle implicazioni della tecnologia nella vita quotidiana, il film non riesce mai a decollare. La sua trama, che avrebbe potuto essere un’interessante riflessione sui pericoli dell’automazione e delle macchine intelligenti, si riduce a una serie di sequenze d’azione mal orchestrate e poco coinvolgenti. Oggi, Futureworld appare come un curioso tentativo di continuare un discorso che aveva trovato un’espressione più matura e affascinante nel suo predecessore, ma che, purtroppo, non ha saputo evolversi come avrebbe dovuto. Una pellicola che è rimasta nell’ombra di Il mondo dei robot, e che oggi non lascia alcuna traccia significativa nella storia della fantascienza.