Fuga dal mondo dei sogni compie 30 anni: il cult che non è mai diventato un classico

Esattamente oggi, trent’anni fa, il 12 febbraio 2023, usciva nelle sale italiane un capolavoro che purtroppo non ha mai “sfondato” sul serio nel cuore degli appassionati: Ralph Bakshi, già noto per il suo approccio rivoluzionario all’animazione, portò nelle sale Fuga dal mondo dei sogni (Cool World), una pellicola ibrida che fondeva live-action e animazione in un modo audace e provocatorio. Il film, destinato a essere una versione più oscura e matura di Chi ha incastrato Roger Rabbit?, prometteva di esplorare i confini tra realtà e fantasia in una chiave distopica e noir. Tuttavia, nonostante le grandi aspettative e un cast di tutto rispetto che includeva Brad Pitt, Gabriel Byrne e Kim Basinger, Fuga dal mondo dei sogni si rivelò una delusione sia per la critica che per il pubblico. Oggi, trent’anni dopo, il film resta una curiosità cinematografica, un esperimento affascinante ma irrisolto, incapace di guadagnarsi lo status di classico del genere.

La trama e l’universo distopico di Cool World

Fuga dal mondo dei sogni è ambientato in due dimensioni parallele: il nostro mondo reale e un universo animato noto come Mondo Furbo (Cool World), abitato da esseri chiamati “doodles”. Al centro della storia c’è Frank Harris (Brad Pitt), un ex soldato della Seconda guerra mondiale che, a seguito di un tragico incidente, viene misteriosamente trasportato in questo universo animato. Frank diventa un detective incaricato di mantenere l’ordine tra i doodles e gli umani che occasionalmente finiscono nel Mondo Furbo. La regola fondamentale in questa realtà parallela è chiara: i “carnosi” (gli umani) non devono intrattenere rapporti intimi con i doodles, poiché questo romperebbe l’equilibrio tra i due mondi.

La trama si complica quando Jack Deebs (Gabriel Byrne), un fumettista condannato per omicidio, viene anch’egli catapultato in Mondo Furbo. Jack, convinto di aver creato quel mondo attraverso i suoi fumetti, si lascia sedurre da Holli Would (Kim Basinger), una seducente e ambiziosa doodle che sogna di diventare umana. Holli riesce nel suo intento, infrangendo la regola fondamentale e scatenando il caos tra le dimensioni. Il detective Harris, con l’aiuto di Deebs, deve fermare Holli prima che il confine tra il mondo reale e quello animato collassi definitivamente.

La produzione travagliata: un’opera rinnegata

Il percorso produttivo di Fuga dal mondo dei sogni fu tanto complesso quanto il film stesso. Ralph Bakshi, noto per il suo stile provocatorio e adulto, inizialmente concepì una pellicola molto più cupa e violenta. La sua visione originale ruotava attorno a un personaggio mezzo umano e mezzo doodle, nato da una relazione proibita tra un uomo e un cartone animato, il cui obiettivo era vendicarsi del padre. Tuttavia, le pressioni della produzione, in particolare le interferenze creative di Kim Basinger, che voleva rendere il film adatto a un pubblico più giovane, portarono a una serie di compromessi che finirono per stravolgere la storia. Bakshi stesso, frustrato dalle modifiche, finì per rinnegare il progetto, affermando che il prodotto finale non rappresentava la sua visione originaria.

La scelta del cast riflette ulteriori compromessi. Brad Pitt, all’epoca ancora relativamente sconosciuto, fu scelto per il ruolo di Frank Harris, mentre Gabriel Byrne, attore di grande esperienza, prese il ruolo del fumettista Jack Deebs. Nonostante la presenza di talenti di alto livello, il film non riuscì a bilanciare in modo efficace la dinamica tra attori e animazione. Ciò che avrebbe dovuto essere un punto di forza si trasformò in uno degli elementi più criticati, con una fusione tra i due mondi che risultava visivamente disordinata e tonalmente incoerente.

L’accoglienza deludente e il giudizio della critica

Alla sua uscita, Fuga dal mondo dei sogni incassò appena 14,1 milioni di dollari a fronte di un budget di 28 milioni, segnando un evidente flop commerciale. Ma fu la critica a infliggere i colpi più duri. Con una trama definita confusa e incoerente, personaggi mal sviluppati e un’animazione che non riusciva a integrarsi perfettamente con le scene live-action, il film non ebbe vita facile. Su Rotten Tomatoes, la pellicola ricevette un misero 4% di gradimento, mentre su Metacritic il punteggio si fermò a 28 su 100, con recensioni che lo descrivevano come “un disastro narrativo” e “un’occasione mancata”.

Nonostante tutto, ci furono alcuni elementi che vennero salvati dalla critica. La colonna sonora, che includeva brani di artisti di spicco come David Bowie, fu apprezzata per la sua atmosfera evocativa. E poi, naturalmente, c’è Holli Would, il personaggio interpretato da Kim Basinger, che nel corso degli anni è diventato un’icona di culto, soprattutto tra i fan dell’animazione sensuale e provocatoria. Tuttavia, questi aspetti positivi non furono sufficienti a risollevare la reputazione del film.

Un esperimento fallito ma affascinante

A trent’anni dalla sua uscita, Fuga dal mondo dei sogni resta un enigma nel panorama cinematografico. È un’opera che, nonostante le sue evidenti debolezze, riesce ancora a esercitare una strana attrazione. Forse è il fascino dell’estetica visiva audace di Bakshi, o forse è l’intrigante combinazione di elementi noir, distopia e sessualità che rendono il film un’esperienza unica, sebbene non del tutto riuscita.

In definitiva, Fuga dal mondo dei sogni rappresenta un esempio di come il compromesso artistico possa compromettere una visione creativa. Nonostante il potenziale, il film non è mai riuscito a trovare un equilibrio tra le sue ambizioni narrative e le esigenze commerciali, finendo per essere un’opera irrisolta. Eppure, come spesso accade con i film di culto, c’è qualcosa di innegabilmente affascinante nella sua imperfezione, un’energia che continua a intrigare coloro che, trent’anni dopo, decidono di riscoprirlo.

Fuga dal mondo dei sogni compie 30 anni, e mentre non è mai diventato un classico del cinema d’animazione ibrido, continua a essere un punto di riferimento per chi è alla ricerca di un’esperienza cinematografica diversa. È una pellicola che prometteva molto, ma che ha mantenuto ben poco, eppure proprio in quel fallimento si nasconde il suo fascino duraturo. Un film che ci ricorda che, a volte, il confine tra sogno e realtà può essere più confuso di quanto sembri.

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