Quando io e il mio staff ci siamo riuniti per la produzione di Ponyo (Gake no ue no ponyo), abbiamo scoperto che uno di loro aveva appena avuto un bambino. Pertanto, nella produzione di questo film, i membri del personale sono stati motivati a fare qualcosa che sarebbe stato propio il primo film che quel bambino avrebbe visto.
Miyazaki e il nazionalismo
I problemi del mondo derivano dal fatto che il nazionalismo ritiene che tali problemi siano dovuti alla multietnicità. Quindi, nel mio caso, io non volgio creare film dove la pace si realizza quando la gente distruggere il male. Credo che, quando si fa film, bisogna essere ben consapevoli del fatto che tutti i problemi che esistono, esistono intrinsecamente in noi stessi, all’interno della vostra società e tra i nostri familiari. È possibile che la città o il paese che noi amiamo possa trasformarsi in qualcosa che non va bene per il mondo intero. Questo è qualcosa che abbiamo imparato dal passato della guerra, ed è una lezione che non dobbiamo dimenticare.
Dopo la pausa di Miyazaki parla del suo successo commerciale, delle sue ispirazioni e di Pixar.
Domanda: Ci sono casi in cui registi ‘sentono’ che c’è qualcosa di buono che si può creare; ciononostante, questo non è quello che poi vendono. Avete mai sentito questa pressione? E se sì, come avete gestito la situazione?
Miyazaki: Il processo di creazione di opere d’animazione non è solo una questione di sforzo individuale. C’è un sacco di lavoro che va a gravare su gruppi di molte persone – ognuno di loro si impegna moltissimo. Sarebbe quindi davvero spiacevole e irritante se [il film] poi non si dimostrasse redditizio. E se qualcosa non è redditizio, la gente non lo produce, perché non vuole un risultato fallimentare. Sento mia la responsabilità di avviare un lavoro in cui tutti si sentano coinvolti. Se non ci si dispone in tale atteggiamento, non c’è senso nel lavoro dello studio di animazione. Quindi, per rispondere alla domanda se sento questa pressione, la mia risposta è no.
Domanda: E’ capitato molte volte in passato che si pensasse che la sua intenzione sia quella di andare in pensione non appena completato il suo ultimo film. Come mai cambia idea ogni volta? Ha in programma di farlo o ha in produzione altri film?
Miyazaki: Mi sento già in pensione. Penso che è meglio per me vivere questa sensazione di tanto in tanto. La buona volontà delle persone che ruotano intorno a me mi permette di lavorare. Quando si crea un film si va incontro ad un compito rischioso – anzi, stiamo cercando i rischi. Ecco perché facciamo film. Una volta terminato di fare un film, sono completamente esausto. E così mi pare di non trovare le forze di farne un altro, o che non mi sarà possibile affrontare nuovamente lo sforzo. Già, ogni ogni volta che ho finito un film, l’ho detto. [che avrei voluto andare in pensione]. Ma sembra che io l’abbia detto troppe volte, da questo momento in poi mi asterrò da fare queste dichiarazioni.
Domanda: Sembra esserci un forte tema ambientalista nei suoi film. Parallelamente a ciò, alcuni filma sono intrinsecamente ottimisti, ma altri sono più pessimistici. Quali sono le sue opinioni sull’ambientalismo nel nostro paese? Si sente ottimista guardando al futuro, o più pessimista?
Miyazaki: Sono molto pessimista, e quindi al tempo stesso, so che deve seguire per forza un periodo ottimistico. In altre parole, la cosa a cui meno aspiro in assoluto è diventare il Primo Ministro del Giappone. Si tratta di un lavoro deprimente, perché non è possibile dire la verità alle persone che non vogliono sentire la verità. Credo che le persone imparano solo quando le cose si mettono male. Questo paese consuma più di quello che produce: è in grado di supportare al massimi 32 milioni di persone. Gli altri si guadagnano da vivere con la creazione di automobili o di opere d’animazione. Questa struttura, nella quale non abbiamo autosufficienza alimentare e persino il nostro abbigliamento intimo è fatto in Cina, è il centro dell’incertezza della nostra Nazione. Ora, guardando questa struttura, mi rendo conto che è impossibile cambiare drasticamente. Sarà quindi necessario un cambiamento graduale. Ma altresì è necessario molto tempo per arrivarci: se si procede troppo lentamente nell’attuzione di queste modifiche, non posso dire di essere fiducioso nella nostra opera di allontanare la fine della civiltà.
Domanda: Lei ha ricordato che non si prende la briga di fare un film se non è convinti che sia redditizio. Hai mai avuto un esito negativo, da questo punto di vista, nei suoi film? E se sì, come hai reagito?
Miyazaki: Per un certo periodo di tempo, ero fermamente convinto che le nostre opere d’animazione non sarebbero state un successo commerciale. Durante questo perido, ho pensato che ciò era attribure al mio modo di lavorare, ma non vi era alcuna intenzione, da parte nostra, di cambiarlo. E’ stata una coincidenza che il nostro piano di produzione per ‘Il vicino Totoro’ (Tonari no Totoro) sia stato approvato. E ‘stato quasi come trovare un ago in un pagliaio. A giudicare dal senso comune del cinema giapponese dell’epoca, credevo che la pellicola non avrebbe mai trovato un pubblico ricettivo.
Domanda: Vorrei parlarle del dopoguerra in Giappone. Prova nostalgia del periodo successivo alla seconda guerra mondiale? Se no, c’è un altro periodo storico che le suscita nostalgia?
http://studioghibliessential.blogspot.com/2008/11/nuova-intervista-hayao-miyazaki.html