Cosa è rimasto delle fiere del fumetto che un tempo erano un punto di riferimento per gli appassionati, un luogo di incontro e di scambio culturale? Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una trasformazione radicale di questi eventi, che da piccole realtà dedicate ai comics e all’animazione si sono trasformati in mastodontici “eventi pop”, veri e propri luna park del divertimento.
Dalla nicchia al mainstream: un’evoluzione inevitabile?
L’espansione delle fiere del fumetto è stata indubbiamente un fenomeno positivo. Ha portato alla luce un mondo nascosto, ha creato una comunità e ha contribuito a legittimare il fumetto come forma d’arte. Tuttavia, questa crescita esponenziale ha portato con sé una serie di trasformazioni che, per molti appassionati, hanno snaturato lo spirito originario di questi eventi.
Dagli autori ai personaggi: un cambio di prospettiva
Un tempo, le fiere del fumetto erano l’occasione per incontrare i propri autori preferiti, per assistere a dibattiti e workshop sul mondo della creazione fumettistica. Oggi, gli ospiti d’onore sono spesso personaggi dello spettacolo, più o meno famosi, spesso “scandalosi” scelti per attirare un pubblico più ampio. Non c’è nulla di male nell’avere ospiti provenienti da diversi ambiti, ma quando questi personaggi diventano il fulcro dell’evento, a scapito degli autori e dei disegnatori, si rischia di perdere di vista ciò che ha reso uniche queste manifestazioni.
La pop culture: un termine abusato
Il termine “pop culture” è diventato un contenitore vuoto, utilizzato per definire qualsiasi fenomeno di massa. Le fiere del fumetto, una volta nicchia di appassionati, sono state inglobate in questa categoria, perdendo la loro identità specifica. Oggi, troviamo di tutto nelle fiere: dai videogiochi ai prodotti di merchandising, dagli anime ai cosplay. È comprensibile la volontà di ampliare l’offerta, ma a volte si rischia di creare un prodotto omogeneizzato, dove tutto si assomiglia.
L’intelligenza artificiale e la perdita del talento
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale per creare le locandine degli eventi è un altro segnale di questa evoluzione. Da un lato, l’IA può essere uno strumento utile per creare immagini suggestive e accattivanti. Dall’altro, però, rischia di banalizzare il lavoro degli illustratori e dei fumettisti, che sono i veri protagonisti di queste manifestazioni.
Un appello per tornare alle origini
È arrivato il momento di fermarsi a riflettere. Qual è il senso di chiamare ancora “fiere del fumetto” degli eventi che hanno così poco a che fare con il fumetto stesso? Perchè continuare a chiamarli “NomeDellaCittà Comics”? Certo, l’evoluzione è inevitabile, ma non dobbiamo dimenticare le nostre radici. Le fiere del fumetto dovrebbero essere un luogo di incontro per gli appassionati, un’occasione per celebrare l’arte del fumetto e per scoprire nuovi talenti.
Le fiere del fumetto hanno ancora un grande potenziale. Possono essere molto più di semplici eventi commerciali. Possono essere un luogo di incontro, di scambio culturale, di crescita personale. Sta a noi, appassionati e organizzatori, lavorare insieme per restituire a questi eventi il loro valore originario.
Foto di copertina di Erik Mclean
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