La frase “Era una notte buia e tempestosa” ha una storia che va ben oltre l’iconico fumetto di Peanuts e il suo simpatico protagonista, Snoopy, il bracchetto creato da Charles M. Schulz. Quando si pensa a questa battuta, la mente corre inevitabilmente al cane scrittore, seduto sulla sua macchina da scrivere, che, con tanto entusiasmo e passione, inizia i suoi racconti con quella frase che ha acquisito uno status leggendario nel mondo della cultura pop. Eppure, come spesso accade con i grandi simboli, la vera origine di questa locuzione è ben più antica e affonda le radici in un contesto letterario che, sebbene ora sia diventato un sinonimo di esagerazione e umorismo, una volta rappresentava l’inizio di un’avventura gotica e misteriosa.
L’origine della frase risale al romanzo Paul Clifford (1830) dello scrittore britannico Edward Bulwer-Lytton, il quale scelse proprio quell’incipit per aprire la sua storia. Sebbene all’epoca non fosse vista come una particolare novità, ma piuttosto come un’espressione abbastanza comune tra gli autori dell’epoca, la sua forza evocativa è innegabile. Bulwer-Lytton utilizzò quella sequenza di parole per introdurre un’atmosfera drammatica, come in un classico racconto gotico che promette mistero e suspense. Non fu però lui il primo ad adottare questa formula, in quanto già nel 1807 Washington Irving la utilizzò in un’altra opera, A History of New York. Ma è con Bulwer-Lytton che la frase acquisì un posto speciale nell’immaginario collettivo, diventando un simbolo di uno stile narrativo che non avrebbe mai smesso di suscitare un certo fascino. Nonostante l’intento serio dell’autore, col passare del tempo, l’incipit ha acquisito una connotazione ironica, che l’ha reso perfetto per essere adattato a contesti diversi.
Il passaggio da una frase che nasce in un romanzo ottocentesco a una battuta ricorrente in Peanuts è, per molti versi, sorprendente. Eppure, è proprio qui che risiede una delle peculiarità più affascinanti di Snoopy e della sua capacità di trasmettere la magia della letteratura, anche nei suoi aspetti più parodistici. Charles Schulz, infatti, non cercava di sminuire l’importanza di quella frase, ma semplicemente la utilizzava per costruire un personaggio che incarnava in modo esagerato e simpatico lo spirito dell’autore stesso. Quando Snoopy scriveva “Era una notte buia e tempestosa”, non stava solo cominciando una storia, ma dando vita a un universo di avventure che, purtroppo per lui, rimanevano spesso incompiute. L’incipit, ripetuto più volte nella striscia, diventa parte integrante del carattere del personaggio: un eterno sognatore, un aspirante scrittore che combatte con la realtà e con i suoi limiti, ma che non smette mai di tentare.
La vera magia di questa frase, però, è la sua capacità di travalicare i confini della striscia a fumetti. Nel 1982, la citazione di Bulwer-Lytton divenne il cuore pulsante di un curioso evento letterario: il Bulwer-Lytton Fiction Contest, creato dal professor Scott Rice dell’Università di San José. Questo concorso, che premia “la più atroce frase di apertura del peggior romanzo mai scritto”, è diventato un appuntamento annuale per aspiranti scrittori che si cimentano nell’arte di creare incipit volutamente esagerati e sfortunati. Il concorso celebra l’ironia di un incipit che ha fatto scuola e che, nonostante il suo carattere di cliché, continua ad essere un punto di riferimento per chi vuole sperimentare con l’arte della narrativa. Nel 2021, ad esempio, Stu Duval di Auckland vinse il primo premio con una frase che rispecchiava perfettamente lo spirito di quel concorso: un gioco di parole che rievocava il tono della battuta originale, ma con un’ironia tutta nuova.
Nel corso del tempo, anche autori noti come Ray Bradbury e Andrea Camilleri non hanno potuto fare a meno di utilizzare questa famosa locuzione. Bradbury, nel suo libro Constance contro tutti, l’ha inserita con un tocco di ironia, come se volesse riflettere sulla stessa convenzione letteraria che l’ha resa tanto celebre. Camilleri, invece, nel suo Il birraio di Preston, ha dato alla frase un inconfondibile tocco siciliano, rendendola parte integrante del suo stile unico. Allo stesso modo, grandi nomi come Terry Pratchett e Neil Gaiman hanno utilizzato l’incipit, perlopiù in modo parodico, come mezzo per giocare con la tradizione letteraria, trasformandola in un espediente di metanarrativa che non manca mai di divertire.
Eppure, nonostante la sua fama come esempio di stile esagerato e quasi ridicolo, questa frase ha un merito innegabile: è sopravvissuta al tempo e ha trovato nuovi significati e contesti in cui adattarsi. La sua forza sta nel fatto che è in grado di evocare immediatamente un’atmosfera di mistero, di attesa, di promesse narrative che sfociano in grandi storie. Non è solo un cliché, ma un simbolo di come un incipit possa essere trasformato e reinventato senza mai perdere la sua potenza evocativa. La sua durata nel tempo è un chiaro esempio di come certi elementi letterari possano attraversare epoche diverse, rimanendo sempre rilevanti, sempre freschi.
La straordinaria capacità di Snoopy di trasformare una frase appartenente a un contesto letterario così lontano e, inizialmente, così serio, in uno degli incipit più conosciuti e amati della cultura pop, è testamento del suo spirito giocoso e della sua inesauribile immaginazione. La sua “notte buia e tempestosa” non è solo una battuta da fumetto, ma una porta spalancata verso un mondo di storie, avventure e, soprattutto, risate. In fondo, quello che rende immortale questa frase non è il suo essere considerata un cliché, ma il suo potere di evocare un mondo che aspetta solo di essere scritto, un mondo che, come quello di Snoopy, è fatto di un po’ di ironia, molta creatività e tanta, tanta immaginazione.
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