“Drifters” è una serie anime che porta lo spettatore in un mondo dove la storia si mescola con il fantasy, con una spruzzata di dark humor e intrighi politici. L’adattamento dell’omonimo manga di Kouta Hirano, famoso per “Hellsing”, ci fa entrare nell’affascinante e tumultuoso periodo Sengoku (1467-1603), un’epoca caratterizzata da guerre continue e scontri tra clan. Ma, al contrario di molte storie di “viaggio nel tempo” o “isekai”, “Drifters” prende una strada un po’ diversa: il protagonista, il samurai Toyohisa Shimazu, non viene trasportato indietro nel tempo, ma si ritrova catapultato in un altro mondo, in un contesto fantastico che mescola creature mitologiche come elfi, goblin, orchi e draghi.
La trama è, senza ombra di dubbio, il cuore pulsante di “Drifters”. Si apre con Toyohisa, un giovane guerriero che sta per morire sul campo di battaglia, ma che, invece di cedere al suo destino, viene trasportato in un altro mondo. Qui, l’intreccio si fa complesso e affascinante, presentando una guerra senza esclusioni di colpi tra personaggi storici provenienti da epoche diverse, tutti “trascinati” in questa nuova dimensione. Ma la guerra, in “Drifters”, non è solo un conflitto fisico. È una lotta per il potere, per rimodellare il mondo, una battaglia dove non è facile capire chi siano i “buoni” e chi i “cattivi”, proprio come ci aveva insegnato anche “Hellsing”.
Nonostante le premesse intriganti, la serie pecca in alcuni aspetti cruciali. Se “Hellsing” era un’opera di grande potenza visiva e tematica, “Drifters” sembra essere una versione più “comoda”, con personaggi e dinamiche piuttosto stereotipati e con un tono che, a volte, scivola verso la banalità. Il manga di Hirano è noto per le sue caratterizzazioni forti e spigolose, ma nell’anime i protagonisti come Toyohisa, Oda Nobunaga e Nasu no Yoichi sembrano diventare troppo unidimensionali. La loro lotta per la gloria e il dominio è presentata in modo quasi celebrativo, senza mai scavare a fondo nel loro conflitto interiore o nei dilemmi morali che dovrebbero sorgere quando si è coinvolti in una guerra senza senso. Le loro strategie, per quanto efficaci, appaiono troppo “perfette”, quasi senza sbavature, e la loro sete di sangue viene ripetutamente giustificata senza mai mostrarne la vera devastazione emotiva.
Ciò che rende ancora più problematico l’approccio della serie è l’uso eccessivo di scene comiche e gag che, pur cercando di alleggerire il tono e aggiungere una nota di leggerezza, finiscono per smorzare il pathos delle scene più drammatiche. In “Hellsing” le brevi incursioni nel comico erano sgradevoli ma funzionali, mentre in “Drifters” si percepisce che queste scene, seppur integrate meglio, sono così numerose da finire per diluire il dramma e la tensione. Le battaglie, che dovrebbero essere il cuore pulsante dell’anime, diventano quindi una serie di eventi vuoti e ripetitivi, in cui la violenza, pur presente, non riesce mai a scuotere veramente lo spettatore.
I villain, tuttavia, sono una delle poche note positive della serie. Sebbene non ricevano un approfondimento particolare, l’ombra di mistero che li circonda li rende comunque affascinanti. A capo di questo schieramento c’è il misterioso Re Nero, un personaggio che incarna l’odio e il desiderio di distruzione, e che, con il suo esercito di “Ends” (figure storiche che nutrono un odio profondo per l’umanità), si propone come un avversario intrigante. Nonostante ciò, non possiamo fare a meno di notare che molte delle figure secondarie sono meramente funzionali alla trama, senza mai avere un vero impatto sullo svolgimento della storia.
Dal punto di vista tecnico, “Drifters” si presenta con una qualità che lascia un po’ a desiderare. Le animazioni sono generalmente fluide ma approssimative, e le scene di battaglia, che dovrebbero essere il fiore all’occhiello della serie, sono spesso scontate, con pochi momenti che riescono a sorprendere. La computer grafica è utilizzata principalmente nelle scene di massa, ma non risulta invasiva, riuscendo comunque a mantenere un buon equilibrio. I design dei personaggi richiamano un po’ lo stile di “Hellsing”, con figure imponenti e dettagliate, spesso dai volti coperti da un ghigno o da un occhio spiritato. La colonna sonora è, nel complesso, gradevole, con una sigla di apertura che è un vero e proprio “earworm” e una sigla di chiusura dal tono più cupo. Tuttavia, i brani di sottofondo finiscono per passare inosservati, oscurati dal fascino delle sigle principali.
In conclusione, “Drifters” è un’opera che promette molto, ma che, alla fine, risulta un po’ deludente. Il potenziale della trama, con i suoi intrecci storici e la guerra come elemento centrale, viene soffocato da scelte narrative troppo sicure e da un eccessivo uso di battute e sketch comici che smorzano l’intensità dell’opera. Se “Hellsing” aveva la forza di emozionare e scuotere il pubblico con la sua violenza viscerale e la profondità dei suoi personaggi, “Drifters” rimane un anime che, pur offrendo un intrattenimento gradevole, non riesce mai a decollare veramente, diventando un’esperienza di guerra che non ha il coraggio di mostrare la vera brutalità della vita. Se cercate qualcosa che metta in discussione davvero il concetto di guerra, e se vi aspettate personaggi che non siano solo degli iconici simboli della grandezza nipponica, potreste rimanere un po’ delusi.