Dogma: la satira religiosa di Kevin Smith che sfida i Dogmi della Chiesa

Dogma è uno di quei film che ha segnato un prima e un dopo nel panorama cinematografico degli anni ’90, ma anche un vero e proprio oggetto di culto per tutti gli appassionati di cinema, soprattutto quelli che amano le sfide intellettuali e le provocazioni. Diretto da Kevin Smith, il film, uscito nel 1999, fa parte di quello che è conosciuto come il “View Askewniverse”, un universo narrativo creato dallo stesso regista, che ha visto l’emergere di personaggi iconici come Jay e Silent Bob. Tuttavia, Dogma è probabilmente il capitolo più controverso della saga, tanto che la Chiesa cattolica lo ha accolto con un coro di critiche feroci. Ma, seppur carico di una carica dissacrante, Dogma è anche meno blasfemo e provocatorio di quanto appaia a prima vista, e proprio per questo riesce ad essere un’opera brillante e sorprendentemente riflessiva.

La trama del film si concentra su due angeli caduti, Bartleby e Loki, interpretati da Ben Affleck e Matt Damon. Condannati a rimanere intrappolati in un angolo dimenticato del mondo, nel Wisconsin, questi due angeli non vedono la loro punizione come una sorta di esilio, ma piuttosto come una vera e propria tortura, essendo convinti che quel luogo sia peggiore dell’Inferno stesso. Bartleby, un angelo Osservatore, possiede il potere di leggere i segreti più intimi delle persone solo guardandole, mentre Loki, che in passato era l’Angelo della Morte, si è ormai disilluso della sua missione divina e si diverte a fare il cinico, tentando di convincere chiunque incontri che Dio non esiste. La loro ribellione, che porta i due a mettersi in viaggio verso il New Jersey, ha uno scopo ben preciso: approfittare di una speciale indulgenza plenaria che permetterebbe loro di rientrare in Paradiso, pur senza il perdono divino. Questo piano diabolico, però, non rimane inosservato agli occhi delle Potenze Celesti, che decidono di intervenire per fermarli.

Ed è qui che entra in scena il personaggio di Bethany Sloane, una donna disillusa che ha perso la fede in Dio dopo aver vissuto esperienze dolorose e traumatiche. Interpretata da Linda Fiorentino, Bethany diventa l’eroina riluttante di questa storia, quando Metatron, l’angelo messaggero interpretato da Alan Rickman, la incarica di fermare Bartleby e Loki. Insieme a Jay e Silent Bob, due dei personaggi più iconici del View Askewniverse, e ad altri improbabili alleati, come il tredicesimo apostolo Rufus (interpretato da Chris Rock), Bethany intraprende un viaggio per salvare il destino del mondo e di tutta l’esistenza.

Il film, come accennato, è una satira feroce nei confronti della religione e della Chiesa, ma più che una critica distruttiva, è una riflessione pungente sulla fede, il destino e la giustizia divina. Quello che in apparenza potrebbe sembrare un semplice film comico con tanto sarcasmo e parolacce, si rivela invece un’analisi profonda della condizione umana, della religiosità e della misericordia divina. La figura di Bartleby, ad esempio, è quella di un angelo che non può più sopportare l’ingiustizia di un Dio che sembra abbandonare le sue creature più fragili. Il suo compagno Loki, che a tratti sembra quasi il contraltare di Bartleby, non fa che cercare di smentire l’esistenza di Dio, portando avanti una sorta di guerra personale contro un’entità che non è più in grado di rispettare.

Tutto il film ruota attorno a questo concetto di “poter fare le cose giuste senza l’approvazione divina”, una riflessione che diventa ancora più interessante quando, alla fine, si scopre che Bethany stessa è l’ultima discendente di Gesù Cristo, una rivelazione che porta la protagonista a interrogarsi sul suo ruolo nel grande schema dell’universo. La conclusione del film è un mix di epifanie religiose, azione, risate e una sensazione di resa dei conti che non può lasciare indifferenti. Il confronto finale tra Dio e Bartleby, dove il primo perdona il secondo, nonostante tutte le atrocità commesse, solleva interrogativi sulla natura del perdono, della giustizia e della misericordia. È una scena che lascia senza fiato, una sorta di riscatto che si sviluppa su un piano emotivo e filosofico piuttosto che su uno puramente narrativo.

In fondo, Dogma è un film che ha il coraggio di fare domande difficili, non accontentandosi di risposte facili o superficiali. Smith riesce a mescolare umorismo nero, satire taglienti e un cast d’eccezione per creare una pellicola che va oltre la provocazione e diventa un vero e proprio inno alla libertà di pensiero. Certo, la pellicola contiene anche molti elementi di volgarità e battute scurrili, ma è proprio questa sua componente che fa emergere la sua potenza dissacrante. Perché, alla fine, quello che Dogma ci dice è che il vero peccato non è mai la blasfemia in sé, ma l’incapacità di vedere oltre le regole, l’ignoranza e la mancanza di empatia che spesso caratterizzano le religioni organizzate.

In sintesi, Dogma è un’opera che non solo merita di essere vista, ma che va capita nel suo spirito provocatorio e, al contempo, profondamente umano. Un film che parla di fede, redenzione e ribellione, ma che lascia aperta la porta a una riflessione più profonda sul significato di essere umano in un mondo che, troppo spesso, ci impone di credere senza questionare.

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *