Gianfranco Franchi, conosciuto anche come Lankelot, è uno scrittore originale e multiforme che ha pubblicato due raccolte di poesie e ha ricoperto ruoli di coordinatore di riviste letterarie indipendenti. Con il suo portale di comunicazione e critica letteraria, Lankelot.com, ha scritto recensioni su libri, film e dischi e pubblicato racconti, collaborando con oltre 160 persone. Attualmente, è redattore del mensile di moda “Vetrine”.
La sua ultima opera, Disorder, si distingue dalle esperienze tradizionali di lettura.
Non spetta a me, né ad una generazione omologata e vacua, giudicare se Disorder sia superiore o inferiore a ciò che abbiamo già letto. La valutazione spetta al singolo lettore, perché Disorder si rivolge agli individui, agli spiriti liberi. Solo dopo un confronto tra autore e lettore, ogni persona potrà emettere il suo personale giudizio. Gianfranco Franchi attende sereno e imperturbabile questa sentenza, consapevole di essere un autore in grado di sovvertire sia la trama che le aspettative del lettore.
Franchi è un’autore sorprendente, capace di prendersi dei rischi e di sfuggire sia ai compromessi editoriali che a quelli stilistici. I suoi racconti in Disorder si comportano come la maionese: iniziano in modo discreto, con una narrazione piacevole e un equilibro apprezzabile, senza grandi sorprese ma con qualche intuizione interessante. Alcuni racconti sono ben realizzati, mentre altri appaiono leggermente sfilacciati. Questo si verifica per circa metà del libro.
Tuttavia, a un certo punto, la maionese impazzisce. Il linguaggio si libera e si abbandona, diventando un trampolino di lancio verso qualche destinazione sconosciuta, un attacco alle solitudini quotidiane. La scrittura di Franchi si insinua, diventa travolgente e coinvolgente. Non so come o perché, ma posso dire che a un certo punto imprevedibile il libro diventa magnifico. Forse avrebbe bisogno di un attento processo di editing per unificarlo, ma in fondo, l’inconsistenza tra i due livelli, quello prima e dopo la maionese impazzita, è una sorpresa che non guasta, un fascino che intriga.
Quando il linguaggio compie questa virata, accade qualcosa di indescrivibile ma che si manifesta nel momento in cui le storie diventano profondamente personali e coinvolgenti. C’è una bellezza che ferisce e che penetra nell’anima. In particolare, il racconto “PELLE” commuove e si percepisce ogni parola, angolazione e isteria sintattica. La scrittura di Franchi ti attacca riga dopo riga, uccide e rigenera, gioca con te, ti mostra l’autore nella sua nudità, svela il mondo quando è abitato da tutto e da nulla. Inevitabilmente, ti chiedi: dove si nascondeva questo scrittore? È il carnefice delle certezze consolidate sulla buona scrittura, quello che tormenta il “perbene” di certa letteratura contemporanea. Franchi è un kamikaze letterario, si lancia in contesti estranei e sembra divertirsi, ma non è negligente. Dietro la sua noncuranza si intravedono letture importanti e una formazione completa e irriverente. Leggendo quest’opera, si srotola un papiro di possibilità e pagina dopo pagina si accende una musica che si insinua nel corpo, nei pori, nelle mucose, nel naso e nella bocca, proprio come solo la musica e certa letteratura sanno fare. Paolo Mascheri ha scritto una prefazione scorretta, intensa, selvaggia, dannata, affettuosa senza eccessi e senza diventare un futile ornamento, anzi.
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