Nel mondo del cinema e dell’intrattenimento, pochi nomi risuonano con la stessa forza di Disney, un colosso globale che ha costruito la sua fortuna sulla magia, il sogno e l’immaginazione. Con un valore che supera i 200 miliardi di dollari, la casa di Topolino ha intrapreso un percorso che ha suscitato non poche polemiche, soprattutto negli ultimi anni, abbracciando l’agenda del “politicamente corretto”. Ma cosa significa esattamente questo per Disney, i suoi film e i suoi amati cartoni animati?
L’evoluzione della Disney nel corso dei decenni è stata notevole, passando da una fabbrica di sogni a una piattaforma globale che, oggi più che mai, cerca di rispondere alle esigenze della società moderna. A partire dagli anni 2000, infatti, la Disney ha dato sempre più spazio a minoranze etniche, di genere e sessuali, cercando di rispecchiare la diversità che caratterizza il mondo contemporaneo. Non si tratta solo di una questione di rappresentazione, ma anche di sensibilità nei confronti di temi delicati come la discriminazione, il sessismo e la violenza.
La Censura della Storia: Un Esempio da “Steamboat Willie”
Prendiamo ad esempio il celebre cortometraggio Steamboat Willie del 1928, un classico senza tempo che ha dato il via alla carriera di Mickey Mouse. Questo film potrebbe essere oggi oggetto di censura, per via delle sue scene che potrebbero risultare offensive per alcune sensibilità contemporanee. In Steamboat Willie, Topolino viene bullizzato dal suo collega Pietro Gambadilegno in una scena che, secondo alcuni critici moderni, potrebbe essere vista come una forma di “violenza gratuita”. È questo l’inizio di un processo che ha portato la Disney a rivedere, modificare o addirittura eliminare contenuti che un tempo erano considerati parte integrante della sua identità.
Ma è davvero necessario intervenire in questo modo? La storia, quella vera, è fatta anche di disuguaglianze, discriminazioni e violenze. Tuttavia, con il passare dei decenni, la società ha fatto enormi passi avanti sul fronte dei diritti civili, della parità di genere e della lotta contro il razzismo. È giusto, quindi, che anche il grande intrattenimento evolva, adattandosi alle sensibilità contemporanee, ma non si rischia di perdere qualcosa di fondamentale, come la capacità di raccontare storie vere e autentiche, che talvolta sono anche crude?
La “Cancel Culture” e i Cambiamenti della Disney
Un altro aspetto che ha caratterizzato il cambiamento della Disney in questi ultimi anni è l’adesione alla cosiddetta “cancel culture”, un movimento che mira a rifiutare pubblicamente e a “cancellare” le figure o i contenuti che sono considerati offensivi o non conformi agli standard morali e politici odierni. Un esempio di questa tendenza è il caso di un’università che ha deciso di cambiare il nome di una delle sue torri perché il filosofo David Hume, il cui nome la torre portava, aveva espresso opinioni razziste in passato. La Disney, come molte altre grandi aziende americane, ha intrapreso una strada simile, cercando di fare i conti con il passato e di “ripulirlo” dalle ombre della discriminazione.
Non è difficile immaginare che questo approccio non sia stato ben accolto da tutti. Molti, infatti, si sono interrogati sulla necessità di modificare il passato per adattarlo agli standard attuali. La storia, anche quella del cinema, non dovrebbe essere un campo di battaglia per una revisione politica, ma un luogo in cui si riflette sul progresso umano, che è sempre stato irregolare e contraddittorio.
Elon Musk e la Difesa della Libertà Creativa
In questo contesto, non sono mancati gli interventi di figure fuori dal coro, come Elon Musk. Il patron di Tesla e SpaceX ha pubblicamente espresso il suo disappunto nei confronti della Disney, decidendo di coprire le spese legali di chi, all’interno dell’azienda, fosse stato discriminato o licenziato per non aver rispettato le rigide politiche aziendali sul “politicamente corretto”. Un caso che ha attirato l’attenzione è stato quello di Gina Carano, l’attrice che è stata licenziata dalla serie The Mandalorian per alcune sue dichiarazioni sui social network. Musk ha sottolineato come la Disney, a suo avviso, stia sacrificando la libertà di espressione e la creatività per conformarsi a un pensiero unico che rischia di soffocare la diversità di opinioni.
Il Dilemma degli Standard di Inclusione
Un altro aspetto controverso riguarda gli standard di inclusione imposti dalla Disney stessa. Un documento interno all’azienda stabilisce che almeno il 50% dei personaggi nei suoi film e cartoni animati debba appartenere a “gruppi sottorappresentati”, tra cui minoranze etniche, persone LGBTQ+ e altre categorie. Questa regola ha sollevato preoccupazioni in molti settori, tra cui quello artistico, dove si teme che l’obiettivo di rappresentazione possa prevalere sulla qualità narrativa e creativa. In un mondo in cui l’inclusività è giustamente un valore, non si rischia di creare una forzatura che mina la libertà artistica degli autori?
La Lezione di Steamboat Willie e la Libertà Creativa della Disney
Alla fine, una lezione potrebbe arrivare proprio da Steamboat Willie, che, nonostante le sue problematiche per i valori di oggi, racconta una storia di coraggio, resilienza e di un Topolino che, pur subendo violenza, riesce a cavarsela con astuzia. In un certo senso, la Disney dovrebbe ricordare questa lezione e non censurare la sua stessa storia. In un’era in cui il politically correct sembra prevalere su ogni altra cosa, la compagnia rischia di soffocare la propria identità e di mettere in pericolo la libertà creativa, che è sempre stata una delle sue caratteristiche distintive. In conclusione, la strada intrapresa dalla Disney ci invita a riflettere su dove stiamo andando. Se è vero che l’inclusività è un valore fondamentale, è altrettanto importante non perdere di vista ciò che rende un’azienda come Disney un’icona culturale globale: la capacità di raccontare storie che, a volte, sono difficili, ma che alla fine ci insegnano più di quanto immaginiamo.
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