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Disc Rot: I Supporti Fisici Hanno una Data di Scadenza?

Il disc rot è un fenomeno che minaccia la longevità di uno dei supporti più amati dai collezionisti e dagli appassionati di film e videogiochi: i dischi ottici, come CD, DVD e Blu-Ray. Questo processo di deterioramento chimico della superficie del disco non solo rende i dati memorizzati illeggibili, ma solleva anche questioni importanti sulla durata dei supporti fisici, una questione che si inserisce perfettamente nel dibattito attuale tra chi difende il fascino del possesso fisico e chi abbraccia le nuove tecnologie digitali.

Alla base del disc rot c’è un problema di ossidazione. Lo strato riflettente, che nei dischi è generalmente in alluminio o in lega d’argento, subisce un lento processo di degradazione a causa di contaminanti esterni come l’umidità, la luce ultravioletta e i danni meccanici. Il risultato? Un decadimento che porta alla perdita irreversibile dei dati. La triste verità è che, nonostante la teoria, che indica una durata teorica dei supporti ottici tra i 30 e i 100 anni, molti dischi, e parliamo anche di supporti relativamente recenti, cominciano a deteriorarsi prima del previsto. Un caso emblematico riguarda alcuni DVD di Warner Bros., che, pur essendo ancora giovanissimi (meno di venti anni), mostrano già evidenti segni di disc rot, costringendo la compagnia a lanciare un programma di sostituzione. È chiaro che il deterioramento dei supporti fisici, purtroppo, non è un problema che possiamo evitare nel lungo periodo.

Questa realtà, che sta mettendo alla prova la fede dei collezionisti, si allarga ben oltre i confini dei film. I Blu-Ray, usati anche per i videogiochi su console come PlayStation, sono altrettanto vulnerabili. Sebbene i Blu-Ray presentino una lega d’argento più resistente rispetto all’alluminio dei DVD, e siano quindi più resistenti ai graffi, l’ossidazione chimica rimane un nemico pericoloso. La vita utile di un Blu-Ray, infatti, è stimata tra i 10 e i 20 anni, a seconda delle condizioni di conservazione. Questi numeri non sono certo confortanti per chi spera di vedere la propria collezione di videogiochi sopravvivere per generazioni. Il rischio che i dischi Blu-Ray dei giochi per PlayStation 3, PlayStation 4 e addirittura PlayStation 5 possano subire lo stesso destino è reale, alimentando timori tra i collezionisti.

Il problema si aggrava quando si considerano le console e i giochi più datati. I titoli per PlayStation 1, ormai oltre i 30 anni, e quelli per PlayStation 2 e Xbox stanno mostrando i primi segni di decadimento. Alcuni di questi giochi, già oggi, non si avviano nemmeno più correttamente, e la prospettiva che anche i giochi per PS3 e PS4 possano un giorno incontrare lo stesso destino non è affatto rassicurante. Le previsioni, purtroppo, non sono incoraggianti, ma fortunatamente esistono accorgimenti per limitare i danni. Se conservati in ambienti freschi, asciutti e lontano dalla luce diretta, i dischi potrebbero resistere per un decennio o più. Tuttavia, l’incertezza regna sovrana, e nessuno può prevedere con certezza come evolverà la situazione.

A questo punto, la domanda sorge spontanea: la digitalizzazione potrebbe davvero rappresentare una soluzione a questo problema di conservazione? Paradossalmente, la risposta sembra essere sì. La digitalizzazione dei contenuti offre una via per preservare i nostri giochi e film, senza i rischi associati al deterioramento fisico dei dischi. A differenza dei dischi ottici, i file digitali non subiscono danni chimici e possono essere archiviati in modo sicuro su piattaforme sempre più robuste. Certo, il mondo digitale non è privo di insidie: la compatibilità tra formati, l’obsolescenza delle piattaforme e la necessità di avere dispositivi aggiornati sono aspetti che devono essere considerati. Eppure, a fronte del rischio di disc rot che affligge i supporti fisici, la digitalizzazione appare come una soluzione più stabile e duratura.

Il problema del deterioramento non si limita ai dischi ottici. Anche altri supporti fisici, come le cartucce per console retro, sono soggetti a fenomeni simili. Molti giochi per NES, SNES, Game Boy e altre console vintage mostrano segni di ossidazione dei chip, mettendo in discussione la possibilità di avviarli. Questa è la triste realtà di un’epoca in cui i supporti fisici, per quanto affascinanti, si rivelano vulnerabili agli attacchi del tempo.

Per i collezionisti di giochi e film fisici, la chiave per mantenere viva la propria passione risiede nella cura con cui si conservano i propri oggetti. Conservare i dischi in ambienti freschi e asciutti, proteggerli dalla luce diretta e riporli nelle loro custodie originali sono tutte precauzioni fondamentali per allungare la vita dei supporti fisici. Tuttavia, alla fine, la digitalizzazione sembra rappresentare la soluzione più sicura per conservare nel tempo i nostri tesori cinematografici e videoludici, al riparo dai rischi del deterioramento fisico. E se il collezionismo è una passione che non conosce limiti, forse è proprio la tecnologia digitale a offrirci il modo migliore per preservare la memoria di ciò che amiamo.

Redazione

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