Darker than Black – Kuro no Keiyakusha

Nell’universo dell’animazione giapponese, “Darker than Black: Kuro no Keiyakusha” si staglia come un’opera intrigante, pur con alcune imperfezioni. Creata da Tensai Okamura e prodotta dallo studio Bones, questa serie anime ha fatto il suo debutto sul piccolo schermo giapponese il 5 aprile 2007, diffondendosi poi attraverso MBS, TBS e altri canali affiliati, con la trasmissione su Animax che ha preso piede dal maggio dello stesso anno.

Il titolo, che in italiano potrebbe essere tradotto come “Più Scuro del Nero: Il Contraente”, si snoda in un intreccio narrativo che gioca con elementi di mistero e fantasia. Ambientata dieci anni dopo l’apparizione di un enigmatico fenomeno chiamato “Hell’s Gate” in Sud America, la trama introduce i Keiyakusha, esseri dotati di poteri straordinari ma obbligati a pagare un prezzo bizzarro per ogni loro utilizzo. Questi individui, privi della capacità di provare emozioni umane, sono al centro di una narrazione che esplora la loro esistenza e i loro conflitti.

Il protagonista, Hei, è uno di questi Keiyakusha, e la sua apparente indifferenza emotiva è messa in discussione attraverso le sue interazioni con Yin, una giovane cieca capace di manipolare l’acqua per ottenere informazioni, e un altro Keiyakusha che vive nel corpo di un gatto. Insieme a loro c’è un uomo che funge da contatto con un misterioso Sindacato, e il gruppo si imbarca in missioni complesse e oscure. L’arrivo di Amber, una figura del passato di Hei, porta alla luce un inquietante piano segreto che minaccia di sconvolgere tutto ciò che è stato costruito fino a quel momento.

Se da un lato “Darker than Black” si distingue per la sua premessa originale e il mistero avvolgente, dall’altro lato non riesce completamente a soddisfare le aspettative. La trama, sebbene promettente, lascia molti interrogativi senza risposta, mentre lo sviluppo dei personaggi risulta piuttosto superficiale. Le interazioni tra i protagonisti sembrano deboli, il che contribuisce a un senso di mancanza di ritmo e di incisività.

Sul fronte tecnico, il design dei personaggi, curato da Takahiro Komori, si distingue per la sua eleganza e la sua attenzione ai dettagli, sebbene l’animazione non raggiunga una fluidità impeccabile. Le sigle, suddivise in due opening e due ending, offrono una piacevole esperienza musicale: le aperture sono vivaci e coinvolgenti, mentre le chiusure, in particolare la prima cantata da Rie Fu, sono dolcissime e malinconiche.  “Darker than Black” è un anime che, sebbene affascinante nella sua concezione e nei suoi elementi stilistici, risulta eccessivamente dilungato con i suoi 24 episodi. Con una narrazione più snella e una maggiore attenzione allo sviluppo dei personaggi, avrebbe potuto sicuramente brillare di più. Rimane, comunque, una proposta di tutto rispetto nel panorama dell’animazione giapponese.

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