Tra riti secolari, silenzi solenni e scelte che cambiano la storia, il Conclave rappresenta ancora oggi uno dei momenti più affascinanti e misteriosi della Chiesa cattolica. Dopo la morte di Papa Francesco, l’attenzione del mondo si concentra su un evento che, da più di mille anni, unisce fede, politica e tradizione in un intreccio ineguagliabile.
L’eco della storia: un rito che affonda le radici nel Medioevo
Il termine “Conclave” richiama subito alla mente immagini cariche di suggestione: cardinali in abiti rossi rinchiusi nella Cappella Sistina, il fumo che si leva alto sopra la piazza di San Pietro, la folla che prega, attende, spera. Ma prima di diventare ciò che oggi conosciamo, il Conclave ha attraversato secoli di evoluzioni, contraddizioni e spinte riformatrici.
Il nome stesso viene dal latino cum clave – “sotto chiave” – e indica quella chiusura forzata dei cardinali voluta per evitare pressioni esterne e sollecitare una decisione rapida e ispirata. Questo termine si afferma nel 1270 a Viterbo, durante una delle elezioni più lunghe della storia della Chiesa. Per porre fine a un’impasse durata quasi tre anni, i cittadini arrivarono al punto di scoperchiare il tetto del palazzo dove erano riuniti i cardinali, lasciandoli esposti alle intemperie. Un gesto clamoroso, ma efficace: fu eletto Gregorio X, che subito dopo codificò ufficialmente il sistema di clausura con la costituzione Ubi Periculum nel 1274.
Eppure, l’idea di un’elezione papale “protetta” è ancora più antica. Già nel XII secolo, durante la crisi delle investiture, si sentiva il bisogno di isolare i porporati per proteggerli dalle influenze esterne. Nel 1118, ad esempio, il futuro papa Gelasio II venne eletto all’interno di un monastero fortificato, lontano dagli occhi e dalle pressioni del potere temporale.
Ma se risaliamo ancora, fino ai primi secoli del cristianesimo, scopriamo un meccanismo completamente diverso: il papa veniva scelto con la partecipazione del clero e del popolo romano, in assemblee pubbliche dove la fede si mescolava all’emotività collettiva. Emblematico è il caso di papa Fabiano, eletto nel 236 dopo che una colomba – simbolo dello Spirito Santo – si posò sul suo capo durante l’adunanza. La decisione venne considerata segno divino e accettata da tutti.
Dal popolo al Collegio dei Cardinali: l’evoluzione di un potere sacro
Con il tempo, l’elezione del pontefice è divenuta sempre più appannaggio delle élite ecclesiastiche. A partire dal IV secolo, in coincidenza con l’ufficializzazione del cristianesimo come religione dell’Impero Romano, la partecipazione popolare si ridusse a un rito simbolico. Al potere decisionale del clero si aggiunse quello delle famiglie nobiliari romane e dei monarchi europei, determinando spesso lotte intestine, antipapi e lunghi periodi di crisi istituzionale.
La svolta decisiva arrivò nel 1179 con il Terzo Concilio Lateranense: fu stabilito che per l’elezione fosse necessario il consenso dei due terzi del Collegio cardinalizio, un principio che vige ancora oggi. Inoltre, si stabilì che l’elezione e l’accettazione dell’incarico da parte del nuovo Papa fossero sufficienti per conferirgli pieni poteri, anche in assenza della consacrazione episcopale. Questo principio fu poi rafforzato dopo il Concilio di Trento, nel XVI secolo, quando si sancì che è nel momento dell’accettazione dell’elezione che agisce lo Spirito Santo.
Dal diritto di veto alla fumata bianca: tra simboli e politica
Nonostante la sua aura di sacralità, il Conclave ha sempre avuto anche una dimensione politica. Per secoli, alcune potenze europee – come la Francia, la Spagna e l’Impero Austriaco – godettero del cosiddetto jus exclusivae, ovvero il diritto di veto su uno o più candidati. L’ultima volta in cui venne esercitato fu nel 1903, quando l’imperatore d’Austria tentò di bloccare l’elezione del cardinale Rampolla. Il tentativo fallì e fu eletto Giuseppe Sarto, che assunse il nome di Pio X e abolì per sempre questo privilegio, dichiarandolo contrario alla libertà della Chiesa.
Da allora, il Conclave ha assunto una forma sempre più regolata e indipendente. Oggi, solo i cardinali sotto gli 80 anni hanno diritto di voto e il loro numero è fissato intorno a 120 (anche se nel caso attuale sono 138). Dopo la morte del Papa – evento chiamato sede vacante – trascorrono alcuni giorni di lutto e preghiera, prima che si apra ufficialmente il Conclave. Nella Cappella Sistina, sotto gli affreschi michelangioleschi del Giudizio Universale, i cardinali iniziano le votazioni. Se un candidato ottiene almeno due terzi dei voti, viene eletto.
All’eletto viene chiesto se accetta l’incarico e quale nome pontificale desidera assumere. Se acconsente, avviene la fumata bianca: i fogli usati per il voto vengono bruciati con una sostanza speciale che produce il caratteristico fumo chiaro, segnale per il mondo intero che un nuovo Papa è stato scelto.
Il Conclave del 2025: attesa, ipotesi e scenari
Dopo la morte di Papa Francesco il 21 aprile 2025, l’attenzione si rivolge al futuro della Chiesa e alla scelta del suo successore. Tra i principali candidati figurano Matteo Zuppi, presidente della CEI, e Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, insieme ad altri nomi di rilievo come Jean-Marc Aveline, Mario Grech, Luis Antonio Tagle e Fridolin Ambongo Besungu. Meno probabile, ma non escluso, è l’elezione di un cardinale statunitense, con Raymond Leo Burke tra i papabili. Altri nomi in lista includono Anders Arborelius, Charles Maung Bo, Willem Jacobus Eijk e Péter Erdő.
Ogni elezione porta con sé un intreccio di geografie, sensibilità dottrinali e prospettive pastorali. Scegliere un Papa oggi significa anche dare un segnale al mondo: sul ruolo dell’Europa, sul peso dell’America Latina e dell’Africa, sulla direzione che la Chiesa intende seguire tra conservazione e riforma.
Un rituale antico per un mondo che cambia
Il Conclave è rimasto, nonostante tutto, uno dei rari momenti in cui il tempo sembra fermarsi. Nell’epoca dei social, dell’informazione istantanea e delle dirette streaming, il silenzio che avvolge la Cappella Sistina ha qualcosa di profondamente controcorrente. È un silenzio che parla di discernimento, preghiera e responsabilità.
Ed è proprio questa sua resistenza al rumore del mondo che rende il Conclave uno degli ultimi riti collettivi davvero universali. Un evento che, pur radicato nella tradizione più antica, riesce ancora a interrogare il presente. E che, nel momento in cui dal comignolo della Sistina si leva la fumata bianca, accende – anche solo per un istante – la speranza di un nuovo inizio.