Dubai e buona parte degli Emirati Arabi Uniti e dell’Oman sono stati recentemente colpiti da forti piogge e alluvioni, causando disagi significativi agli aeroporti e alle strade. Questo evento ha riacceso il dibattito sul cloud seeding, una tecnica di geoingegneria che mira a incrementare le precipitazioni. Il cloud seeding, noto anche come inseminazione delle nuvole, implica l’introduzione di sostanze chimiche nell’atmosfera per favorire la formazione di pioggia all’interno delle nubi esistenti. Negli Emirati Arabi Uniti, questa pratica è stata adottata con particolare intensità, specialmente dopo le alluvioni che hanno riacceso l’attenzione su questa tecnologia.
L’implementazione del cloud seeding negli Emirati Arabi Uniti è gestita dall’UAE Research Program for Rain Enhancement Science (UAEREP), che ha ricevuto un fondo di 1,5 milioni di dollari distribuiti in tre anni. Questo programma si focalizza su tre aree principali: la previsione della formazione di nubi idonee per la pioggia, l’identificazione delle particelle più efficaci da rilasciare a seconda del tipo di nube e il miglioramento del monitoraggio delle nubi in tempo reale. Dal punto di vista tecnico, il cloud seeding negli Emirati Arabi Uniti prevede il rilascio in atmosfera di varie tipologie di particelle per stimolare la pioggia. Tra queste, particelle igroscopiche come il cloruro di sodio, che assorbe l’umidità favorendo la condensazione nelle nubi umide, e particelle come lo ioduro di argento o il ghiaccio secco, che fungono da nuclei di condensazione nelle nubi fredde. Attualmente, sono in fase di sviluppo anche nuove tecniche, come l’uso di piccole scariche elettriche per stimolare la formazione di pioggia senza l’impiego di sostanze chimiche.
L’obiettivo degli Emirati Arabi Uniti è ambizioso: raggiungere 300 missioni di cloud seeding nel 2024. Questo sforzo mira a diversificare le risorse idriche e ridurre la dipendenza dalle forniture tradizionali, in un contesto in cui la popolazione è in crescita e la pressione sulle risorse idriche è in aumento.
La domanda cruciale è se il cloud seeding funzioni davvero.
Alcuni studi e associazioni di settore sostengono che questa tecnica possa aumentare le precipitazioni di circa il 20-30%. Tuttavia, la mancanza di prove statistiche inequivocabili e la necessità di nubi già cariche di pioggia per il successo del cloud seeding alimentano il dibattito sulla sua reale efficacia.
La storia del cloud seeding risale alla fine del XIX secolo, con i primi tentativi di provocare pioggia utilizzando esplosivi. Negli anni ’40, la scoperta che il ghiaccio secco potesse indurre la formazione di cristalli di ghiaccio nelle nuvole ha portato a ulteriori esperimenti durante la Guerra Fredda. Gli Emirati Arabi Uniti hanno avviato il loro programma di inseminazione delle nuvole nel 2015, investendo milioni di euro nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie.
Nonostante i significativi investimenti, l’efficacia del cloud seeding rimane controversa.
Un esempio è uno studio del 2021 che ha riportato un aumento del 23% delle precipitazioni annuali nelle aree inseminate rispetto alle medie storiche. Tuttavia, gli esperti avvertono che le variazioni climatiche potrebbero influenzare questi dati in modi imprevedibili. Inoltre, l’uso di diossido di titanio nelle particelle di inseminazione solleva preoccupazioni ambientali e sanitarie, data la sua classificazione come possibile cancerogeno dall’OMS. L’inseminazione delle nuvole negli Emirati Arabi Uniti rappresenta dunque un caso di studio affascinante sull’intersezione tra scienza, politica e ambizione tecnologica. La sostenibilità a lungo termine di questa pratica rimane una questione aperta, con potenziali implicazioni per la qualità del suolo e delle acque. Con il cambiamento climatico che minaccia di rendere le regioni aride ancora più secche, la vera prova sarà se questa tecnologia potrà fornire una soluzione sostenibile alla scarsità d’acqua. Per ora, il cielo degli Emirati rimane un laboratorio a cielo aperto, dove la linea tra controllo del meteo e illusione pericolosa rimane sfocata come un miraggio nel deserto.