Roma, città eterna, non smette mai di sorprendere con i suoi innumerevoli segreti e leggende urbane. Uno dei più singolari racconti che si intreccia con il tessuto storico della capitale è quello di Osvaldo Giordano e il suo “castello”. Non un castello nel senso classico del termine, ma un vecchio camper Mercedes 508d, trasformato nel corso degli anni in una residenza unica e pittoresca, un’opera d’arte urbana che sorgeva nei pressi delle Terme di Caracalla, con vista sul Colosseo.
Per 33 anni, quel camper è stato un punto di riferimento in via di Valle delle Camene, in pieno centro storico di Roma. Parcheggiato tra i fasti dell’antica capitale, il camper di Osvaldo non era più solo un mezzo di trasporto, ma un simbolo di resistenza e di un’epoca ormai decaduta. Decorato con bandiere italiane e vaticane, pupazzi di Tipolino, ombrelloni, e giochi per bambini, il “castello” era una provocazione, una sfida visiva in mezzo ai tesori archeologici della città.
Osvaldo, un ex ristoratore di Marina di Focene, aveva visto la sua vita trasformarsi in un tragico epilogo di perse fortune e amari ricordi. Dopo aver perso il suo stabilimento balneare, con ristorante e negozi, in circostanze travagliate nel 1978, si trovò senza casa e senza speranze, rifugiandosi nel suo camper.
“È la mia opera,“il castello di Barbie o la rappresentazione dell’Italia nel suo domani.”
Il vecchio Mercedes non era solo un rifugio, ma un museo vivente di memorie e simboli, ormai parte del paesaggio urbano, era tollerato dalle autorità e dai residenti per il suo singolare carisma e la sua immobile presenza. Tuttavia, le recenti operazioni di sgombero dei vigili urbani contro le baraccopoli abusive della capitale non hanno risparmiato nemmeno questo angolo di storia vivente.
Martedì 2 luglio, i vigili urbani hanno portato via il “castello” di Osvaldo, ponendo fine a un’era. Quando Osvaldo, ormai 74enne, è tornato al suo camper, ha trovato gli agenti della municipale intenti nello sgombero. La resistenza di Osvaldo, un ultimo gesto disperato di difesa del suo mondo, non è servita a fermare l’inevitabile.
Osvaldo non era solo un senzatetto, ma un simbolo vivente di una Roma che resiste alle modernità forzate e ai cambiamenti imposti. “Dormo in strada non so da quanti anni,” raccontava, ricordando il giorno in cui la sua vita cambiò per sempre. Sul vecchio sportello del camper, una storia d’amore: Gabriella e Osvaldo, lei 14 anni e lui 18, fuggiti insieme per vivere il loro sogno. La sua presenza aveva colorato la via delle Terme di Caracalla con un ritornello continuo, quasi come una musica di sottofondo alla sua vita: “È bello, ma io preferivo la mia bicicletta,” diceva.
Con la rimozione del suo “castello”, Roma perde un altro frammento della sua complessa identità, un pezzo di storia moderna che, seppur trascurato e decadente, rappresentava la resistenza e la creatività di un uomo contro l’inevitabile oblio.
Osvaldo Giordano non ha mai chiesto molto, solo il riconoscimento della sua esistenza e della sua lotta. In un mondo che corre verso il futuro, il suo “castello” rimarrà nella memoria di chi lo ha visto come un monito poetico e decadente di una vita vissuta ai margini, ma con dignità e fantasia. La Roma che lo ha ospitato per oltre tre decenni lo ricorderà come un artista urbano, un ribelle solitario, e un simbolo di resistenza. E mentre le operazioni di sgombero continuano, la leggenda di Osvaldo e del suo “castello” perdurerà nel cuore di chi ama e vive la città eterna.
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