Border – Creature di confine: il film che ridefinisce l’identità tra mito e realtà

Tra i film che hanno saputo rompere le barriere del cinema di genere, “Border – Creature di confine” (“Gräns”) occupa un posto di rilievo. Diretto da Ali Abbasi e tratto dal racconto “Confine” di John Ajvide Lindqvist, il film è una straordinaria incursione nei territori inesplorati della narrativa fantasy scandinava, mescolando realismo sociale, crime e mitologia nordica in un racconto che sfida i confini dell’identità e dell’umanità.

La trama ruota attorno a Tina (interpretata da una straordinaria Eva Melander), una donna che lavora come agente doganale. Tina è nota per un olfatto eccezionale, un dono che le consente di percepire emozioni come paura, vergogna e senso di colpa. Grazie a questa abilità unica, riesce a smascherare criminali con una precisione infallibile. Tuttavia, tutto cambia quando incontra Vore (Eero Milonoff), un uomo enigmatico che sfugge alla sua capacità di decifrare l’animo umano. Questo incontro non solo sconvolge la vita di Tina, ma apre la porta a una verità che mette in discussione ogni aspetto della sua esistenza. La connessione tra Tina e Vore – un’attrazione irresistibile e misteriosa – porta la protagonista a scoprire di condividere con lui una natura segreta, collegata alle creature mitologiche scandinave, quasi estinte.

Ali Abbasi, regista di origini iraniane, dimostra una capacità unica di fondere generi e tematiche. Già noto per il suo lavoro precedente, “Shelley”, Abbasi in “Border” si spinge oltre i limiti del convenzionale, esplorando il confine tra natura e cultura, tra bestialità e civiltà. Come lui stesso ha dichiarato: «Per me il film non parla della contrapposizione “Noi / Loro”, ma di una persona che può ed è in grado di scegliere la propria identità. Voglio credere che tutti siamo in grado di scegliere chi essere». Questa prospettiva emerge con forza nella rappresentazione di Tina, una protagonista che incarna l’alterità, sia fisica che emotiva, ma che si rivela anche sorprendentemente umana.

Il film, vincitore della sezione “Un Certain Regard” al Festival di Cannes nel 2018, è un esempio perfetto di come il cinema possa trattare temi profondi attraverso storie fuori dall’ordinario. La sceneggiatura, co-scritta dallo stesso Abbasi e da Isabella Eklöf, adatta con sensibilità il racconto di Lindqvist, noto come lo “Stephen King scandinavo”. Autore del celebre “Lasciami entrare”, tradotto in 12 lingue, Lindqvist è maestro nel combinare horror e dramma umano, e “Border” non fa eccezione.

Un elemento distintivo del film è la sua estetica, che alterna il grigiore del realismo nordico a momenti di cruda magia. La fotografia di Nadim Carlsen cattura perfettamente il paesaggio scandinavo, un’ambientazione che diventa quasi un personaggio a sé, riflettendo i conflitti interiori di Tina e la sua scoperta della verità. Anche il trucco e gli effetti speciali meritano una menzione speciale: il lavoro svolto per trasformare Eva Melander e Eero Milonoff nei loro personaggi è impressionante, conferendo al film un senso di autenticità pur nella sua componente fantastica.

“Border” non è semplicemente una storia d’amore tra esseri non umani, ma una riflessione sul concetto di diversità e appartenenza. Abbasi evita abilmente di trasformare il film in una didascalica allegoria sulle minoranze, focalizzandosi sull’autenticità emotiva e sulle contraddizioni intrinseche alla natura umana. La scelta di mescolare elementi di folklore con tematiche contemporanee – come l’identità e la ricerca del proprio posto nel mondo – rende il film una proposta originale e profondamente perturbante.

Per gli appassionati di cinema che cercano qualcosa di unico e provocatorio, “Border – Creature di confine” è un titolo imperdibile. Non è solo un film, ma un viaggio nei territori inesplorati della narrativa visiva, capace di emozionare e di far riflettere su cosa significhi veramente essere umani.

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *