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Black River, tra la Strada e Walking Dead

In un distopico mondo in rovina, ma assai più realistico e minimale di quello ritratto in classici moderni del genere come Mad Max, un gruppo di donne, un uomo e due cani viaggiano alla disperata ricerca della salvezza. Black River (originariamente pubblicato negli Stati Uniti nel 2015) è un racconto, scritto e disegnato da Josh Simmons, che prende ispirazione dall’approccio spietato del romanzo La strada di Cormac McCarthy tanto quanto dal pop horror di The Walking Dead.

Il manipolo di protagonisti di Black River si ritrova ad affrontare una serie di strampalate e disturbanti avventure, tra sesso, droga, cabaret e violenza. Simmons ama ribaltare sapientemente certezze e consuetudini del genere horror e apocalittico. Tra morte e disperazione, non dimentica mai di inserire una buona dose di humor (nero), mentre al centro del suo racconto ci sono sempre le donne, ultime determinate portatrici di speranza e di salvezza. Con un dise­gno intrigante e acido, reminiscente del segno denso e nero di Gilbert Hernandez, l’incedere del racconto è costante e stupefacente, verso una escalation di violenza e un finale sorprendente.

Josh Simmons è una delle voci più significative del filone horror (The Furry Trap, House), che attraversa parte della produzione recente del graphic novel indipendente statunitense. E Black River è, forse, il suo migliore lavoro. Un’opera che riprende, da una parte, il ritmo perfetto del cinema di John Carpenter e, dall’altra, la liricità di maestri letterari dell’orrore come Shirley Jackson, l’autrice che, più di tutti, ha saputo trascendere il genere e trasformarlo in letteratura pura e semplice.  Black River è un lavoro straordinariamente teso, una sottile storia in bianco e nero di un gruppo di donne che si fanno strada attraverso un paesaggio post-apocalittico, lottando per la sopravvivenza e la speranza. Non ci sono zombie, come in The Walking Dead, e anche se si ritrovano tracce dell’horror pop della saga di Kirkman, il libro di Simmons è qualcosa di molto diverso, un racconto attraversato da un’ansia viscerale, privo di qualsiasi cliché eroico. Una cupa ma ipnotica visione del futuro che si insedia nella mente del lettore per non lasciarla più.  Un gruppo di donne, un uomo e due cani si stanno facendo strada in un mondo post-apocalittico alla ricerca di una città, Gattenburg, che presumibilmente ha ancora energia elettrica e una sorta di civiltà. Lungo la strada, finiscono in un disastrato e folle club di cabaret, prendono una droga chiamata Gumdrop che per un po’ trasfigura la loro dura realtà, incontrano bande di uomini che sono pazzi o sadici assassini. In altre parole, ogni sorta di terrore. In Black River il nichilismo prevale su tutto. È una storia nuda, cruda, di anime perse che vagano in una terra desolata, che l’autore descrive con grande efficacia.

Simmons è un artista attento al particolare e alla creazione di atmosfere: non sono solo gli avvenimenti che accadono nella pagina a suscitare orrore, ma è lo stesso paesaggio nel quale si muovono i protagonisti della storia a risultare ancora più spaventoso. L’autore è abile nel creare la giusta quantità di dettagli per descriverlo, sia questo un territorio ghiacciato illuminato da psichedeliche aurore boreali, o una città data alle fiamme. Ma è il cielo disegnato da Simmons ad assumere un ruolo preponderante: il cielo ha corpo e peso, e incombe spesso così basso sul nostro gruppo di eroi che sembra possa cadere su di loro da un momento all’altro.  Proprio come un buon film horror vecchio stile, Black River si basa sulla creazione di uno stato d’animo e di un ambiente interessanti. E Simmons, senza alcun dubbio, ci riesce. Scrivendo un racconto brutale nella sua violenza e semplice nella trama, l’autore mostra spesso sangue e viscere, ma allo stesso tempo anche il peso emotivo di ogni morte. Black River è un libro sulla sopravvivenza, e sulla sofferenza umana. Ma è anche un libro sui miti e le bugie che raccontiamo a noi stessi: la mitica città di cui il gruppo va in cerca, per esempio, e della cui esistenza molti di loro dubitano, oppure la bizzarra sequenza ambientata nel cabaret. Quando ero piccolo, c’erano film che raccontavano vari modi in cui il mondo sarebbe morto. Asteroide. Bomba nucleare. Terremoto. Virus. Singolarità. Il meglio del meglio. Che spasso quando è arrivato proprio tutto in pochi anni. Eehnnnh… che soddisfazione… e che sollievo che fosse finita… Una visione terrificante e indimenticabile.

Enrico Ruocco

Enrico Ruocco

Figlio della GOLDRAKE generation, l’amore che avevo da bambino per il fumetto è stato prima stritolato dall’invasione degli ANIME, poi dall’avvento dei Blockbuster e annientato completamente dai giochi prima per PC e poi per CONSOLE.
In seguito con l’arrivo del nuovo millennio, il tanto temuto millennium bug , ha fatto riaffiorare in me una passione sopita soprattutto grazie ad INTERNET.
Era il 2000 quando finalmente in Italia internet diventava sempre più commerciale, ed io decisi di iniziare la mia avventura sul web creando il mio sito TUTTOCARTONI. Sito nato da una piccola ricerca fatta fra quello che “tirava” sul web e le mie passioni. Sappiamo bene cosa tira di più sul web … sinceramente non lo ritenni adatto a me, poi c’era lo sport, altra mia passione ma campo altamente minato. Infine c’erano i cartoon e i fumetti…beh qua mi sentivo preparato e soprattutto pensavo di trovare un mondo PACIFICO…
Man mano che passava il tempo l’interesse si spostava sempre più verso il fumetto, ed oggi, nel 2017, guardandomi indietro e senza vantarmi troppo posso considerarmi un blogger affermato e conosciuto, uno dei padri degli eventi salernitani dedicati al mondo del fumetto ma soprattutto lettore di COMICS di ogni genere.

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