“Black-Box” è una delle opere più intense e audaci di Tsutomu Takahashi, un mangaka che ha già dimostrato la sua capacità di esplorare temi complessi e violenti con titoli come Detonation Islands e Neun. Pubblicato dal 2015 al 2019 sulla rivista Monthly Afternoon di Kodansha, Black-Box è un manga seinen che si distingue per il suo approccio crudo e psicologicamente profondo al mondo della boxe. Composto da sei volumi, la serie racconta la storia di Ishida Ryouga, un giovane pugile che si trova a dover fare i conti con un passato familiare oscuro e con una reputazione macchiata dalle accuse di omicidio che ha segnato la sua vita.
A differenza di molte storie di boxe che si concentrano sul tema del riscatto, Black-Box va ben oltre il semplice “combattere per la gloria”. Takahashi riesce a intrecciare elementi tipici del genere spokon con una riflessione molto più oscura e complessa sull’animo umano. Il protagonista, Ryouga, non è solo un pugile alle prime armi: è un giovane uomo che, per riuscire a emergere nel mondo della boxe, è disposto a sacrificare la sua umanità. Questa discesa nell’oscurità interiore viene rappresentata con l’adozione di trattamenti estremi per “sbloccare” il suo “istinto omicida”. Il risultato è un’opera che scuote il lettore e lo costringe a confrontarsi con il tema della violenza, della redenzione e della perdita dell’identità.
Il tratto di Takahashi, nervoso e spigoloso, è perfettamente in linea con il tono violento e cupo della narrazione. Lontano dai canoni estetici tradizionali dei manga, la sua arte si fa viscerale, quasi disturbante, con volti e corpi deformati dalla sofferenza. Le scene di combattimento sono intense e, sebbene possiedano una carica emotiva notevole, sono sempre chiare e facili da seguire, nonostante l’energia e la brutalità che le caratterizzano. Takahashi dimostra una grande abilità nel rendere il movimento e l’energia dei pugili in azione, mantenendo sempre un’atmosfera di oscurità che pervade l’intero racconto.
Tuttavia, Black-Box non è privo di difetti. Uno dei principali è la brevità del manga, che si traduce in una scarsità di dialoghi. Sebbene le espressioni facciali e i gesti dei personaggi siano fondamentali per trasmettere le emozioni, queste non riescono sempre a sostituire la profondità che solo un confronto verbale ben costruito può offrire. I lettori più interessati alla psicologia dei personaggi potrebbero sentirsi distanti dai protagonisti, rendendo difficile creare un vero legame emotivo con loro. Questa scelta stilistica, purtroppo, limita la capacità di Takahashi di approfondire le sfumature psicologiche e di rendere i personaggi più complessi e sfaccettati.
Anche la gestione del ritmo narrativo è problematica. I primi tre volumi di Black-Box sono solidi e ben strutturati, con la storia di Ryouga che si sviluppa in modo convincente e i personaggi che vengono introdotti con cura. Tuttavia, la serie accelera troppo nella parte finale, dove l’arrivo del rivale Shido Leon e l’incontro tra i due protagonisti sembrano spingere la trama su un binario più sensazionalistico. Le minacce, le aggressioni fuori dal ring e l’escalation di violenza, pur risultando efficaci in termini di tensione, finiscono per spostare l’attenzione dalla crescita sportiva e personale di Ryouga a un puro spettacolo di brutalità. Questo cambiamento di focus riduce il pathos della storia e fa perdere l’intimità con il protagonista.
Il finale, pur soddisfacente sotto alcuni aspetti, lascia comunque un po’ di amaro in bocca. La velocità con cui la trama si conclude, insieme alla mancanza di sviluppo per alcuni personaggi secondari, fa sembrare che Black-Box non abbia raggiunto il suo pieno potenziale. Takahashi ha sicuramente dimostrato la sua maestria nel disegno e nel catturare l’attenzione del lettore con immagini potenti e viscerali, ma la narrazione, in certi punti, appare frettolosa, come se l’autore non avesse avuto abbastanza spazio per esprimere appieno le sue idee.
In definitiva, Black-Box è un manga che lascia il segno per la sua crudezza e per la riflessione profonda sulla violenza e sull’umanità. Se da un lato la trama presenta alcune lacune, dall’altro il talento di Takahashi nel raccontare storie visivamente potenti e nel descrivere personaggi tormentati è innegabile. Per gli amanti del seinen e del genere spokon, Black-Box rappresenta un’opera da non perdere, seppur con qualche riserva sul suo sviluppo narrativo.