La storia del Lago Gerundo e del drago Tarantasio è una delle più affascinanti leggende del folklore lombardo, un racconto che intreccia fatti storici e miti medievali, rievocando un tempo in cui natura e fantasia si mescolavano, regalando all’immaginario collettivo figure fantastiche e simboli iconici. In questo viaggio tra realtà e mito, ci addentriamo nelle paludi malsane del Lago Gerundo, un grande specchio d’acqua preistorico che occupava l’area tra l’Adda e il Serio, e vi raccontiamo del suo abitante più famoso: il drago Tarantasio.
Si narra che il Lago Gerundo, formatosi da inondazioni marine post-glaciali, si estendesse per chilometri, arrivando a lambire le zone dell’attuale Milano e dell’odierno Cremasco. La sua origine risale alla preistoria, quando vaste aree paludose si diffusero in seguito al ritiro dei ghiacciai, alimentate poi da fiumi e piogge incessanti. Il lago, di natura stagnante e paludosa, venne considerato per secoli un luogo malsano, poiché nelle sue acque torbide e fangose si propagavano malattie che mietevano vittime, alimentando credenze superstiziose. Le prime bonifiche risalgono già all’XI secolo, quando, grazie al prosciugamento di vasti territori e all’evaporazione, si tentò di rendere il lago meno minaccioso e di contenere il problema delle epidemie.
Ma ciò che più colpisce della storia del Lago Gerundo è la figura di Tarantasio, il drago che infestava queste acque e che, secondo le cronache, sarebbe stato una vera e propria minaccia per le popolazioni locali.
In quelle terre paludose e desolate, Tarantasio appariva come un mostro spaventoso, un drago con testa enorme, coda, zampe palmate e grandi corna, capace di sputare fuoco e dal respiro tossico. A testimoniare l’esistenza di questo leggendario essere è il monaco Sabbio, che, nel 1110 d.C., descrisse dettagliatamente la creatura nelle sue cronache della città di Lodi. Sabbio racconta di un “serpente gigante” la cui sola presenza nelle acque era sufficiente a terrorizzare intere comunità: il drago distruggeva barche, causava febbri misteriose e, secondo la leggenda, si nutriva anche di carne umana, prediligendo le giovani vittime. Nonostante il Lago Gerundo fosse già stato in parte bonificato, la leggenda del drago Tarantasio continuava a vivere nella cultura popolare, tra paura e venerazione.
Nel corso dei secoli, la storia di Tarantasio si arricchì di nuove varianti e personaggi eroici: uno di questi era Uberto Visconti, capostipite della celebre casata dei Visconti. Secondo il mito, fu proprio Uberto a porre fine all’esistenza di Tarantasio, sconfiggendolo in un epico scontro che durò ben due giorni. La vittoria di Uberto Visconti su Tarantasio venne commemorata nello stemma araldico della famiglia: il famoso “biscione”, un drago serpentiforme che stringe tra le fauci un bambino. La scelta di raffigurare un biscione invece di un drago è attribuita a un pittore di corte che, non avendo mai visto un drago, interpretò la creatura come una sorta di vipera gigante.
Tra i molti dettagli affascinanti della leggenda, una curiosità interessante riguarda il collegamento tra Tarantasio e il marchio dell’ENI. Negli anni ‘40, infatti, nei territori un tempo occupati dal Lago Gerundo, l’AGIP scoprì vasti giacimenti di metano. La presenza di queste esalazioni gassose in un’area storicamente associata alla leggenda del drago contribuì a rafforzare l’idea che fosse il respiro velenoso del Tarantasio a diffondere miasmi letali nelle paludi. Così, l’ENI decise di adottare il famoso “cane a sei zampe” come logo, ispirato alle storie popolari del drago Tarantasio e del metano esalante.
Oltre al mito del drago, altri elementi della storia antica di Milano si intrecciano con simboli leggendari, come la scrofa semilanuta, il simbolo originario di Milano. La leggenda racconta che Belloveso, un condottiero celtico, giunse nella pianura padana nel VI secolo a.C. e, seguendo le indicazioni di un oracolo, fondò un insediamento nel luogo in cui avvistò una scrofa dal manto semilanuto. Questo animale diventò il simbolo sacro della città, che prese il nome di Mediolanum. Solo nel Medioevo, i Visconti sostituirono la scrofa semilanuta con il biscione, ma ancora oggi alcuni dettagli architettonici di Milano, come quelli in Piazza Mercanti, ricordano questo antico simbolo.
Nell’epoca moderna, la leggenda di Tarantasio continua a vivere nei simboli e nelle storie che arricchiscono il patrimonio culturale di Milano e della Lombardia. Ogni tanto, resti fossili di elefanti e balene, rinvenuti nelle ex aree del Lago Gerundo, fanno riaffiorare il ricordo di una creatura immaginaria e di un lago scomparso, una storia che rivive tra storia, mito e simboli.
Aggiungi commento