Come recita un vecchio proverbio “l’abito non fa il monaco”, in campo cinematografico, il titolo non ne fa un kolossal, infatti se ci pensate bene, quante volte il titolo di un film ci ha tratto in inganno? A me personalmente è successo più di una volta. Quante volte è successo, dopo aver visto per la prima volta al cinema o in televisione film come Terminator, Alien e Ritorno al Futuro, per citare alcuni esempi, di trovare dopo un po’ di tempo, nella nostra videoteca a noleggio preferita, nel periodo d’oro delle VHS, titoli come Terminator 2, Alien il ritorno, Zombi 2, eccetera, e, credendo al seguito tanto sperato, scoprire, durante la visione, che in realtà era tutt’altro film, che con il titolo in questione non c’entrava un fico secco. Tra vari film che ci hanno tratto in inganno, oggi è il caso di Balle Spaziali 2 – la Vendetta, nonostante sia stato diretto e prodotto nel 1989, il film, non solo non è il seguito dell’opera di Mel Brooks del 1987 “Spaceball” Balle Spaziali, ma il titolo con la trama non c’entra nulla, infatti il titolo originale del film è “Martian go home” (Marziani andate a casa), distribuito in Italia con il titolo appunto di Balle Spaziali 2, ingannando molti spettatori e anche appassionati di Mel Brooks, come il sottoscritto.
Il film inizia all’interno della sala interrogatori della sede dell’FBI di Quantico, al suo interno, sia agenti Federali che della NSA stanno mettendo sotto torchio Mark Devereaux, compositore di colonne sonore di film di serie B, egli si trova lì in stato d’arresto, in quanto è stato accusato di essere il principale responsabile della crisi che si è sviluppata in tutto il pianeta: l’invasione degli invadenti Marziani. Mark comincia la sua storia, confessando in primo luogo di essere effettivamente l’unico responsabile di quella che ormai è chiamata “l’Invadente Invasione”. Settimane prima, Mark stava lavorando per creare una musica per un film di fantascienza che gli era stato commissionato, entusiasta per aver, per una volta, finito il lavoro rispettando le scadenze e, soddisfatto del lavoro fatto, nonostante l’ora tarda telefona immediatamente a Sara Brody, la sua ragazza, per farle sentire la sua melodia. Scocciata dall’inopportuna chiamata, circa le 3 di notte, Sara mette in attesa la telefonata, solo che per un contatto tecnico, si collega con un ripetitore e la melodia di Mark si diffonde nell’etere e oltre lo spazio. Il giorno dopo Mark si sveglia come di consueto, ma quella mattina si accorge che c’è qualcosa che non va, infatti dopo poco vede apparire davanti a sé un buffo umanoide verde, che si identifica come un Marziano, un abitante del pianeta Rosso, dicendo che lui e il suo popolo sono stati attratti da un messaggio di benvenuto partito proprio dal pianeta Terra. Contenti dall’invito, si sono materializzati sul suolo terrestre, infatti, come Mark viene a scoprire subito dopo, i marziani riescono a muoversi e a spostarsi grazie a una sorta di potere di teletrasporto, e in meno di una notte, si sono trasferiti tutti sulla Terra per stare in compagnia dei loro nuovi amici. Pur essendo pacifici e di indole buona, i marziani creano non pochi problemi, non solo a Mark ma a tutti gli abitanti della Terra. Nonostante le loro buone intenzioni, la loro curiosità nei confronti del genere umano, li porta a veri e propri atti di voyeurismo, curiosando non solo nei momenti normali della giornata, ma anche nei momenti di intimità, creando non pochi disagi. In più i marziani hanno anche un altro potere, che è quello di indurre gli esseri umani a dire la verità, creando situazioni imbarazzanti, non solo a personaggi di spicco nella scena politica, come anche il Presidente degli Stati Uniti, ma anche nella vita comune, nei normali rapporti tra le persone. Ogni mezzo per poter mandare via i marziani, sia con le buone che con le cattive risultò inutile. Mark, senza non troppa difficoltà, riesce a scoprire che è stata la sua musica ad attirare i marziani e trovando anche la soluzione al problema “dell’invasione”: se la sua musica li aveva attirati sulla Terra, la stessa, ma suonata al contrario li avrebbe cacciati via. Per attuare il suo piano, oltre al suo sintetizzatore, serve un impianto di ripetizione abbastanza potente, si reca al più vicino, ma, mentre sta cercando i collegamenti giusti, manda in corto tutta la rete di comunicazione, proprio nel momento in cui stava per essere trasmesso a tutta la nazione il messaggio del Presidente su come reagire all’attuale crisi. Dopo il suo arresto finisce il suo racconto e i rappresentanti della legge vogliono processarlo per reato di alto tradimento. Per evitare la galera Mark riesce a fingersi pazzo e a farsi rinchiudere in un ospedale psichiatrico. Dopo alcune settimane Sara va a trovarlo, preoccupata per il suo stato di salute, ma Mark le rivela che in realtà lui sta bene e che ha finto la pazzia, così facendo riuscì a uscire dalla clinica facendo credere di essere guarito. Con l’aiuto di Sara, Mark ci riprova e riesce a collegarsi a un ripetitore della radio locale, quindi inizia a trasmettere la sua melodia al contrario. Nonostante le interruzioni dei marziani, Mark riesce nel suo intento e così gli “invadenti invasori” ritornano sul loro pianeta e il genere umano può di nuovo vivere la sua vita in pace e tranquillità, mentendo senza più nessun problema.
Il film in sé non è male, vi sono molte battute e situazioni divertenti, infatti è uno di quei film di commedia fantascientifica, però, per via di un errata distribuzione, da imputare o a un erroneo ma improbabile adattamento del titolo, oppure a una traduzione campata per aria, o peggio ancora il classico “colpo”: “basta il titolo per vendere”, Martian go home, non voglio ovviamente utilizzare il titolo italiano, non ha avuto il giusto riconoscimento come film commedia, rimanendo relegato in qualche blockbuster e con pochissimi quasi inesistenti passaggi televisivi. È un peccato perchè come film non è per niente male e con la giusta pubblicità e anche una distribuzione corretta avrebbe potuto avere un suo discreto successo. Questo è uno di quei casi in cui posso dire “il titolo non fa di un film, un kolossal”, ma non è l’unico.
Alla prossima.
By Marco Talparius Lupani
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