Alessandra Palmitesta, in ambito cosplay “Roshiazelos” e in quello artistico “Shiijazz”, nata e cresciuta in Piemonte, è sempre stata una grande appassionata di anime, manga e videogames fin dall’infanzia, grazie all’ambiente famigliare in cui è cresciuta. Cresce infatti sotto l’influenza della madre, estremamente legata agli anime mecha e ai film di Godzilla, permettendo ad Alessandra di guardare fin dalla più tenera età anche anime della portata di Ken Shiro o Tiger Mask.Altra influenza importante nella sua vita è stato lo zio, che l’ha invece spinta verso il mondo dei videogames, dalla quale non si è poi mai staccata rimanendo infatti una grande appassionata del retrò, sia in ambito videogames sia in quello anime/manga.
Colei che però prende maggiormente i meriti delle sue passioni e di quella cosplay in particolare è la sorella maggiore (in arte “Dee Dee”), che nel 2008 viene in contatto per la prima volta con la fiera di Torino, appunto il “Torino Comics”; tornata entusiasta dall’evento e scoprendo quanti appassionati oltre a loro due c’erano, decise di portare con sé Alessandra ed insieme parteciparono al Lucca Comics di quello stesso anno, con i primi impacciatissimi cosplay, creati con materiali poveri assieme ad un gruppo di amici con il semplice scopo di divertirsi, senza grandi pretese. Alessandra si introduce quindi anche ad anime moderni, senza però rinunciare ad anime più datati e fa la conoscenza di Hetalia, un anime frivolo, semplice ma che la aiutò a socializzare moltissimo in ambito cosplay e fu grazie a questo che arrivò il suo nickname, usato ancora oggi. “Roshia” difatti è il suono con cui si pronuncia “Russia” in giapponese, personaggio a cui si legò moltissimo e per cui appunto prese il nickname. L’aggiunta di “Zelos” arrivò molti anni dopo per una necessità diversa (un nickname più distintivo evita doppioni su social come Instagram, Twitter, ecc-) e deriva dall’omonima divinità greca, simbolo della competitività e della gelosia.
Alessandra inizia quindi a fare cosplay all’età di dodici anni affiancata dalla sorella maggiore che la aiuta a creare i costumi e a fare i suoi primi make up; iniziò con cosplay più semplici ma proprio quando finalmente il loro hobby stava incalzando e migliorando di fiera in fiera, arriva la decisione da parte di entrambe di dover smettere, per quanto il cosplay fosse un hobby importante per loro, essere in due cosplayer in una casa con problemi economici divenne impossibile e dal 2011/12 i cosplay divennero più rari e improvvisati, rinunciando molto spesso anche a visitare le fiere più vicine.
Finite le superiori però la passione non era assolutamente scemata ed Alessandra ricominciò con il cosplay non appena iniziò a lavorare, tuttavia il mondo del cosplay era cambiato estremamente dal 2008 e fu difficile riadattarsi, c’erano modi diversi di reperire gli accessori, il costo delle parrucche nettamente diminuito nonostante la qualità superiore al passato e soprattutto molti materiali che divennero fondamentali per la costruzioni di arme e armature.Riprese in mano il cosplay con qualcosa di semplice e che poteva rimanere nella sua sfera di competenza, iniziando ad utilizzare materiali semplici e spesso poveri cercando di ottenere i risultati migliori possibili, fu quindi il cosplay di Morrigan da Dragon Age Origins che segnò definitamente il ritorno al mondo del cosplay e che è ad adesso (proprio per questo motivo), uno dei cosplay più importanti per Alessandra.
Altri cosplay che le sono rimasti a cuore sono Ryu da Breath of Fire II (il suo videogioco preferito ed il primo giocato da quando aveva quattro anni), Sakura da Card Captor Sakura (uno degli anime della sua infanzia), Narancia Ghirga da Jojo parte 5 “Vento Aureo”, nella quale si è sempre sentita caratterialmente legata ed infine Russia da Hetalia, che come spiegato sopra ne prende il nickname.
Negli anni a seguire non si fossilizzò mai su una singola linea di pensiero, l’idea che il cosplay fosse un hobby che aiutava a conoscere gli altri e ad apprezzare sé stessi era ed è tutt’oggi fissa nella sua mente, talvolta i suoi cosplay sono craftati a mano o con la sorella, altre volte comprati, altre volte commissionati a sarti amici e ancora in parte modificati o finiti a piacimento. Il risultato finale è ciò che conta, cercare di somigliare al personaggio sì ma soprattutto saperlo rappresentare.
Cosplay per lei è uguale a sapersi porre, un costume può essere scenografico o perfetto ma se manca della personalità del cosplayer non sarà che un guscio vuoto. Al contrario un cosplay imperfetto risulterà strabiliante se chi lo porta riuscirà a farci cogliere l’essenza caratteriale del personaggio. Negli anni Alessandra quindi si esercita sempre di più nelle espressioni, nelle pose, anche nel camminare- proprio in base al personaggio portato, una delle più grandi sfide fu Zidane Tribal da Final Fantasy 9, sorridente, malizioso e con un portamento furtivo in combattimento; completamente opposto alla cosplayer che ha passato molto tempo a studiarne il comportamento e le espressioni, cercando di rendere il cosplay non solo scenograficamente bello (nonostante i materiali semplici ed economici) ma anche coinvolgente per chi aveva attorno, senza però mai sforare nell’esagerazione, ricordando che separare realtà e finzione è fondamentale per sé stessi e per chi ci sta attorno.
Negli anni il cosplay è cambiato moltissimo ed anche se ancora lo definiscono solo un hobby, per molti altri è diventato un lavoro ed un introito mensile che visto il periodo di crisi economica non può che essere un salvavita, da chi acconcia parrucche a chi confeziona abiti, anche chi vende proprie foto fisiche o digitali in cosplay e nonostante le critiche spesso poco costruttive che ne deriva l’argomento, la cosplayer non trova nulla di male in tutto questo, come si suol dire “se sai fare bene una cosa, perché farla gratis?” e come ogni forma d’arte anche il cosplay va dignitosamente pagato perché è questo che è un cosplayer: un artista.
Per Alessandra invece il cosplay è rimasto un semplice hobby, dedicando un’importanza professionale più al disegno; tuttavia il cosplay è assolutamente parte della sua vita di tutti i giorni, partendo dalla famiglia, avendo la sorella che condivide le stesse passioni ed una famiglia che le supporta (e sopporta), fino anche alla vita lavorativa dove non è mai stato un argomento tabù o di cui vergognarsi (al contrario) e talvolta anche qualcosa di sfruttato dai colleghi, sarà successo ad altri di doversi vestire e truccare da Befana o Fata dei fiori per i bambini nel periodo di Carnevale e altre feste? Perché alla cosplayer l’hobby è servito eccome in questi contesti lavorativi.
Gli eventi cosplay negli anni si sono notevolmente moltiplicati, nel 2008 le fiere erano poche ed iconiche, alcune di queste negli anni sono persino andate a perdersi; per Alessandra la tappa fissa è il Torino Comics essendo vicino a casa e negli ultimi anni anche le fiere di Milano, tuttavia quella che è per lei casa, che la fa sentire felice e completa è proprio il Lucca Comics, quella che per lei è stata la prima fiera e ancora oggi la più importante. Tramite i social organizzare fiere diventa sempre più facile e Instagram come TikTok hanno aiutato e ancora aiutano nella diffusione del cosplay, molte persone si sono interessati a questo mondo dopo aver incrociato le foto di un cosplayer o dopo aver fatto amicizia con altri appassionati tramite queste piattaforme; rispetto agli inizi ora il cosplay è visto quasi come una cosa normale o banale, una cosa vista e stravista al contrario del passato, in cui spiegare il proprio hobby era complesso, quando mostrare una foto in cosplay significava tirare fuori un telefono precedente agli smartphone o una vecchia compatta con foto per nulla professionali e sgranate.
Agli inizi il problema di critiche ed insulti non si presentò, arrivò alle superiori qualche sguardo o presa in giro ma nulla che alla cosplayer pesasse, ancora oggi nonostante la sua richiesta di trasparenza anche da parte di amici (solo perché si è amici non vuol dire che si possono ricevere solo complimenti, ma anche critiche costruttive) non ha mai ricevuto particolari insulti o prese in giro, almeno non pubbliche e di quello che fanno altri in privato, non è affar suo, non tange la sua persona e nemmeno vale l’attenzione o l’ansia che ne deriva, il cosplay è un hobby e sempre come tale lo prende. Parlando di prese in giro o scredito viene da pensare ai cosplayer di personaggi original, spesso non presi seriamente non solo da altri cosplayer ma anche durante le gare cosplay ed è un concetto estremamente errato; dietro un original esiste un lavoro più complesso del semplice fare cosplay del lavoro di altri. Dietro ad un original c’è uno studio, uno sketch del design, il tentativo di reperire o crearne gli accessori, la storia, la personalità. Deridere un cosplayer original manca di senso quando ci si ricorda che anche i personaggi anime/manga/videogame/film etc. sono a loro volta “original” di qualcun altro, un character designer, un regista, un mangaka, nascono tutti come OC e siamo noi a dar loro vita, semplicemente qualcuno fa tutto da sé; un bellissimo esempio è il mangaka Hirohiko Araki, creatore delle Bizzarre Avventure di Jojo, considerato iconico per il suo cosplay di Rohan Kishibe, personaggio creato da lui e che quasi lo rappresenta nelle sue opere. Quale sarebbe quindi la differenza fra un Araki che interpreta Rohan o una Alessandra che fa il cosplay del suo Galvorn?
Fare cosplay dovrebbe essere semplicemente far felici sé stessi e spesso gli altri, per Alessandra la più grande soddisfazione in fiera è essere riconosciuta quando porta cosplay di nicchia o vedere gli sguardi dei bambini piacevolmente impressionati in fiera, quelli che ti chiedono le foto nascosti dietro le gambe del genitore e che poi ti ringraziano come se stessero vivendo un sogno.
Per chiunque inizi e le chieda consiglio, prima di parlare di quello che è il reperire parrucche, lenti, stoffe, foam, preferisce concentrarsi sull’essenza del cosplay in sé, che sia visto come un intrattenimento o un lavoro, esiste un punto focale dalla quale non bisognerebbe mai troppo sbilanciarsi: metterci il cuore e tanta passione. Questo basta e avanza per essere un vero cosplayer, cose come la somiglianza o la perfezione sono concetti effimeri e che andrebbero applicati solo in un ambito più professionale o competitivo, cosa che non è nel desiderio di tutti.
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