Intelligenze artificiali: all’immortalità qualcosa sfugge

L’immortalità, un tempo privilegio di divinità e miti, è ora una possibilità concreta grazie all’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Nell’epoca della AI generativa, l’inaspettato è diventato possibile: dialogare con i defunti o partecipare al proprio funerale. Questa realtà è stata resa tangibile grazie a sofisticati chatbot intelligenti che replicano le sembianze e la voce di individui defunti. In Cina, questa nuova frontiera tecnologica ha dato vita a un fiorente mercato, accolto con favore da coloro che affrontano il difficile processo di elaborazione del lutto, ma suscitando anche critiche per i rischi che comporta per la privacy e la salute mentale degli utenti.

Le cosiddette “app afterlife” sono applicazioni di chat in grado di emulare le caratteristiche di nostri cari defunti, consentendo di comunicare con loro attraverso testo e voce. Questi chatbot intelligenti, popolarmente noti come “defunti digitali”, offrono una sorta di continuità nell’interazione con i defunti, sostenendo così coloro che affrontano il dolore della perdita. Tuttavia, mentre il loro impatto emotivo può essere positivo inizialmente, sorgono preoccupazioni riguardo ai possibili rischi per la salute mentale e la privacy degli utenti, soprattutto tra le persone più vulnerabili, come i minori e gli anziani.

L’immortalità digitale è una tecnologia relativamente nuova, ma ha già suscitato un grande interesse. Nel 2015, Eugenia Kuyda ha creato una versione digitale del suo amico defunto, Roman Mazurenko, usando i suoi messaggi di testo. Nel 2017, James Vlahos ha creato una replica digitale di suo padre basata su ore di registrazioni vocali e conversazioni. Nel 2020, Jang Ji-sung ha avuto l’opportunità di “incontrare” sua figlia Nayeon deceduta a causa di una malattia, in un ambiente di realtà virtuale. Nel 2021, Joshua Barbeau ha utilizzato l’intelligenza artificiale GPT-3 per ricreare la sua defunta fidanzata, Jessica Pereira.

Questi casi evidenziano come le repliche digitali possano essere utilizzate in modi diversi.

Possono offrire un senso di presenza e conforto ai sopravvissuti, aiutarli a elaborare il lutto e persino fornire nuove opportunità di apprendimento e ispirazione. Tuttavia, sollevano anche interrogativi etici e filosofici. Da un lato, le repliche digitali possono essere viste come un modo per preservare la memoria e l’identità dei defunti. Possono aiutare i sopravvissuti a sentirsi più vicini ai loro cari, anche dopo la morte. Dall’altro lato, le repliche digitali possono essere viste come una forma di illusione o di manipolazione.

Gli esperti, tra cui i ricercatori dell’Università di Cambridge, hanno evidenziato la necessità di regolamentare e mitigare tali rischi sociali e psicologici legati all’immortalità digitale. Un recente studio pubblicato sulla rivista Philosophy & Technology ha esaminato le potenzialità e i pericoli di queste app, mettendo in luce tre scenari futuri possibili. Uno dei principali rischi riguarda l’impatto emotivo sulle persone vulnerabili, in particolare sui minori. Limitare l’accesso a tali servizi potrebbe essere una misura necessaria per proteggere i bambini che hanno perso un genitore, poiché l’interazione con un “defunto digitale” potrebbe interferire con il processo di elaborazione del lutto e causare confusione riguardo alla presenza virtuale.

Un’altra preoccupazione riguarda i contratti a lungo termine, dove un genitore potrebbe impegnarsi finanziariamente per mantenere attivo il “defunto digitale” per anni, ma i beneficiari potrebbero decidere di non usufruirne. Ciò potrebbe portare a una serie di problemi, tra cui la ricezione di spam e messaggi apparentemente provenienti dal defunto. Infine, c’è il rischio di un carico emotivo e psicologico eccessivo associato alla comunicazione con un defunto digitale. Sebbene inizialmente possa portare un senso di conforto, l’interazione continua con una replica digitale di una persona cara potrebbe diventare opprimente e ostacolare il processo di elaborazione del lutto.

Gli studiosi hanno sottolineato che è fondamentale affrontare questi rischi ora, poiché la tecnologia per creare “defunti digitali” è già disponibile e non rappresenta più una semplice ipotesi per il futuro. La regolamentazione e la consapevolezza sociale sono essenziali per bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione della salute mentale e della privacy degli individui.

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