All’inizio del IV secolo d.C. Roma aveva realizzato importanti opere idriche che nessuna città antica aveva mai avuto. Strabone (geografo e storico greco 63 a.C. – 23 d.C.) asseriva che i Romani avevano considerato tutto ciò che i Greci avevano trascurato, classificando le strade, le grandi Terme, gli acquedotti e le fogne come opere pubbliche, quando ancora non erano stati costruiti gli ultimi quattro acquedotti : Claudio- Aniene Novo- Traiano- Alessandrino.
I Romani erano ben consapevoli dell’importanza dell’acqua e fecero loro il pensiero di Aristotele il quale considerava l’approvvigionamento d’acqua un elemento essenziale per la fondazione di una città, tanto quanto la salubrità del luogo e la facilità delle comunicazioni, mentre Vetruvio (architetto e scrittore romano, attivo nella seconda metà del I secolo a.C., considerato il più famoso teorico dell’architettura di tutti i tempi) affermava che l’acqua, tra tutti gli alimenti, era la più necessaria e pertanto bisognava ricercare e scegliere le sorgenti con la massima cura.
Dobbiamo le nostre conoscenze sugli acquedotti di Roma, oltre che naturalmente alle testimonianze monumentali, soprattutto a Sesto Giulio Frontino (politico, funzionario e scrittore romano 30 d.C. – 103 d.C.) nominato Curator Aquarum da Nerva (imperatore romano, primo degli imperatori adottivi, regnante dal 18 settembre 96 fino alla sua morte avvenuta nel 98) nel 97 d.C. Con la sua opera “De Aquae ductibus urbis Romae“, realizzata all’inizio del suo mandato, Frontino ricorda come prima della conduzione dell’Aqua Appia, nel 312 a.C. le uniche risorse idriche dei Romani fossero le acque attinte “ex Tiberi aut puteis aut ex frontibus“.
Nel 269 a.C. entrò in funzione il primo acquedotto aniense, costruito con il bottino vinto nella guerra contro Pirro, ma dopo la fine del conflitto e il conseguente sviluppo demografico e urbanistico di Roma, l’Aqua Appia e l’Aniene Vetus non erano più in grado di provvedere alla richiesta idrica e Quinto Marcio Re fu incaricato dal Senato di avviare i lavori per consentire ai Romani acqua a sufficenza. Egli restaurò i due acquedotti precedenti e condusse l’acqua fino al Campidoglio, dove venne eretta una statua in suo onore. Nel 125 a.C. fu costruito il quarto acquedotto, l’Aqua Tepula, utilizzando le sorgenti dei Colli Albani, e nel 33 a.C. Agrippa allaccerà all’acquedotto anche l’Aqua Julia, unendo così in un unico condotto le due acque che raggiungeranno Roma sovrapposte alle strutture dell’Aqua Marcia.
Nel corso dei secoli saranno ben undici gli acquedotti che forniranno l’acqua a Roma, alcuni funzionano ancora, di altri possiamo ammirare lunghi tratti nel Parco degli Acquedotti.
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