Devo ammettere che ogni volta che mi accingo a vedere un film di David Cronenberg sono prevenuto in senso positivo. Da sempre sono un grande ammiratore di questo regista canadese che ci ha regalato capolavori come “La mosca”, “Scanners” e la “Zona morta” e quindi anche per questo “A history of violence” le mie aspettative erano molto alte. Il film le conferma quasi pienamente: Cronenberg, come al solito, sa trattare finemente le psicologie umane e offre una visione della società veritiera e mai conciliante.
La storia, tratta da un fumetto, si svolge in una piccola cittadina americana dove vive e lavora Tom, uomo tranquillo con un’amorevole famiglia. Nella cittadina sembra non succedere nulla finchè un bel giorno nel bar dove lavora Tom si presentano due rapinatori. Tom, dimostrando doti inaspettate, fa fuori i due criminali. Da allora la sua esistenza cambia radicalmente: dapprima la sua faccia finisce sulle pagine di tutti i giornali, poi alcuni strani personaggi si presentano da lui invitandolo a rivelare la sua vera identità. E’ proprio vero, si potrebbe dire, che prima o poi il passato torna a bussare alla porta. E Tom dovrà affrontare proprio i fantasmi del passato per tenere unita la sua famiglia. Cronenberg ci mostra tutto questo senza ricorrere all’abusato strumento del flashback
Ci sono due scene in questo film che da sole meritano il prezzo del biglietto: la prima e l’ultima. L’emotività di questi due momenti è davvero altissima. Come a dire che il film inizia e finisce davvero in bellezza.
Poi gli attori sono di una bravura incredibile, da Mortensen alla Bello, da Harris ad Hurt. D’altronde si tratta di un cast veramente d’eccezione.
Tirando le somme, anche se probabilmente non è il miglior film della carriera di Cronenberg (è la sua opera più “normale”), la visione è caldamente consigliata!
by Michele “Inglesino” Lo Presti
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