Il Canto che Nuam apprese direttamente dalla voce narrante di Naskara, componente del Drak’kast, è conosciuto col nome di Canto di Omorya; una derivazione del leggendario tema a opera di Uar-Elleja, della stirpe elfica eleamar, forgiato ai piedi dell’Envydal, il Circolo delle Tre Stelle. Seppur eloquente nella sua brevità, esso, di contro, non definisce pienamente la storia di uno dei più importanti Incantatori di Draghi, dei tempi antichi, ovvero Elkodyas, il Bardo.Il Canto di Omorya, con i suoi ottocento versi, perfezionati dalla stessa Cohodrea, da cui l’elfo silvano ebbe modo di ricevere il privilegio di vestire i panni di diretto ascoltatore, adesso ridona al lettore una storia ai confini del tempo, in tutta la sua completezza. Il Canto di Omorya non è però solo un poema sulla stirpe degli Hadragnir, ossia quegli Incantatori di Draghi che altresì vestono il ruolo di guerrieri, condividendo con la fazione degli Artigli della Guerra l’uso combinato di armi speciali donate dalla stessa razza draconica. Esso è finanche la storia di creature e luoghi mai discussi prima ad ora, contemplando la figura di Alkaghyrre, della stirpe dei Deleyr, gli unicorni dell’aria, che ha accompagnato il viaggio del cantore lungo il Mare di Smeraldo, o ancora il Passo di Lame Azzurre, pericoloso perfino agl’occhi dei Guardiani della foresta. Molteplici i segreti sottesi al canto, e ancora tante le risoluzioni dei molti enigmi rimasti irrisolti per altrettanti millenni.
Il linguaggio del Canto di Omorya, seppur raffinato nella sua impostazione versificatoria, si mostra al lettore con una semplicità tale da risembrare quasi una fiaba per bambini. Questo, il potere del canto forgiato da un elfo dei tempi antichi e approfondito altresì da un cantore della stirpe dei draghi, quale Naskara. Seppur avendo innervato al testo, particolari che solo appartengono al mondo dei draghi, la ninfa guerriera ben ha saputo conciliare un linguaggio semplice con la vetusta lingua della razza draconica.
Ancor più difficoltoso, è stato oltremodo il compito di Nuam nel carpire di quella lingua, decantata con grande maestria, i suoi oscuri fonemi e le asperità del suono. All’elfo silvano, l’onore di aver donato ai posteri, l’eredità di un mondo che spesso, solo nelle favole, trova la propria realtà.Vissel halbreiph
“I miei draghi sono nati per portare l’arte agli uomini. Essi cercano di ricordare alla società che l’arte, la poesia, la musica hanno un enorme potere che non dobbiamo ignorare. Sono davvero contento che accompagnino i versi di Fabrizio Corselli in queste meravigliose storie. Spero proprio che le sue parole e le immagini rievocate dei miei draghi possano incantare chiunque legga il libro, permettendogli di condividere altri mondi, anche se per un momento solo”.
Fabrizio Corselli è uno scrittore di poesia a carattere epico-mitologico e un saggista italiano. Nato a Palermo nel 1973, vive e lavora come educatore a Settimo Milanese. Proprio nell’ambito didattico cura il progetto Calypsos, volto all’intensificazione del linguaggio nel disabile attraverso la poesia. È redattore della rivista nazionale InArte, dove si occupa della rubrica Mythos. Diverse le pubblicazioni su riviste e cataloghi del settore: ha collaborato con il Salone Internazionale di Parigi, con il Museo Beleyevo di Mosca e con Mediabrera (Milano); è stato segnalato sul sito della Treccani per la positiva riscrittura dei classici greci in relazione all’epica sportiva antica e collabora con l’associazione internazionale di cultura ellenica Mondogreco, per la quale ha recensito la celebre mostra La Forza del Bello di Mantova e quella sul Canova presso il Palazzo Reale di Milano.
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