Questa è la storia di un talento sprecato, ma non del tutto. Questa è la storia di Gaspare Torrente, figlio di pescatore e aspirante latinista, approdato a Torino da una piccola isola del Sud Italia. Un ragazzo come lui, che a tredici anni traduce Orazio e legge Verlaine, deve volare alto, deve fare il liceo e dimenticare il piccolo mondo senza tempo dell’isola. E allora eccolo, il talentoso spaesato, arrivare in una Torino plumbea e avara. Eccolo entrare al liceo, dove non trova grandi maestri ma insegnanti impegnati a imbastire compresenze, a sostituire le grammatiche con programmi ‘agili e flessibili’. Eccolo accanto ai compagni, con le scarpe sbagliate e la felpa senza cappuccio.
E’ fuori moda, fuori tempo, fuori posto: un pesce fuori dalla sua acqua, una barca nel bosco. E così, come in una specie di mondo alla rovescia, Gaspare deve giocare alla Play Station, deve imparare il lessico del branco, deve scrollarsi di dosso quei dieci in latino che arrivano puntuali come lo scherno della classe. E se la scuola tradisce le sue aspettative, qualche anno dopo l’università gli appare come un teatrino grottesco dove vanno in scena docenti in carriera e giovani illusi da prospettive fumose – “Dopo la laurea, si faccia vedere…”. Ma proprio quando tutto sembrerebbe perduto, la vita regala al genio di Gaspare una svolta sbalorditiva: a partire da un piccolo pioppo, comprato quando ancora era giovane liceale e si preparava a ospitare una coetanea francese per un soggiorno-scambio, nasce un nuovo, imprevedibile universo. Riscatto etico ed estetico nei confronti di una società che riconosce solo i gregari e di un sistema scolastico che si rivela inadeguato a coltivare un talento; un sistema che Paola Mastrocola coglie nelle sue pieghe più divertenti e insieme drammatiche, calandosi nella voce di un ragazzo che tra lo stupore e l’amarezza racconta il proprio percorso di ‘sformazione’.
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