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Il 18° vampiro di Claudio Vergnani

L’inquietante caccia di una stramba combriccola di mercenari. A Modena uno squinternato gruppo di individui dai vissuti più diversi – body builder, operai, profughi, presunti agronomi, attori porno, giocatori di scacchi – viene assoldato da un’enigmatica donna, denominata “l’amica”, per uccidere vampiri. Se di giorno la situazione è sotto controllo perché i succhiasangue restano immobili, nascosti in ambienti degradati designati a covi – case abbandonate, cisterne, chiuse di fiume, palazzi fatiscenti -, di notte le orrende e feroci creature escono allo scoperto attaccando soprattutto soggetti indifesi come vagabondi, immigrati e persone sole. È allora che bisogna vigilare e agire.

Tra sinistri sopralluoghi, massacranti turni di guardia, visite a un’antica e misteriosa Rocca dove si compiono sconvolgenti rituali, suggestive visioni tra le acque di Venezia, la squadra di moderni Van Helsing fa la conoscenza di Grimjank, il 18° vampiro. Il libro. Pur raccontando una storia vampirica tout court, il testo ha un impianto di forte realismo hardboiled: Vergnani parla di vampiri in una maniera tale da persuaderci che questi potrebbero davvero entrare a far parte della nostra quotidianità: l’elemento sovrannaturale, infatti, si combina senza stridere con la routine di persone sui generis sì, ma comunque normali. Dunque, come sarebbe se i vampiri fossero intorno a noi, nel pieno dell’attuale way of life tra telefoni cellulari, SMS, Internet? E come potrebbero venire contrastati dalla gente comune, che ha bisogno di dormire, mangiare, che ha il mal di testa, che talvolta alza un po’ il gomito o si scopre depressa?

È sullo sfondo di una plausibilissima precarietà postmoderna che Vergnani fa entrare in scena i suoi repellenti revenants: in un contesto già di per sé ansiogeno, i vampiri diventano un ulteriore motivo di malessere ma non l’unico né il più importante. Più che i vampiri in sé, infatti, la storia raccontata da Vergnani è incentrata sulla loro caccia: elemento vitalistico e vivificante a un tempo nonché vera e propria modalità esistenziale. Deputato all’ingrato compito, un gruppo di scanzonati mercenari, disillusi ma non privi di senso etico. Tra frammenti di horror crudo e momenti di incisiva introspezione, Vergnani ha scritto un intenso romanzo corale dove il valore rigenerante del gruppo torna a essere protagonista oltre ogni tentazione individualista.

Claudio Vergnani è nato a Modena nel 1962. Svogliato studente di Liceo Classico e ancor più svogliato studente di Giurisprudenza, preferisce passare il tempo leggendo, giocando a scacchi e tirando di boxe. Dopo una parentesi militare, sbarca il lunario alla meno peggio, passando da un mestiere all’altro. Dalle palestre di body building alle ditte di trasporti, alle agenzie di pubblicità, alle cooperative sociali, è sempre perennemente fuori parte e costantemente in fuga. Il 18° vampiro è il suo primo romanzo.

Dall’introduzione: Mi piace pensare a questo libro come a un ponte che porta la letteratura vampirica italiana in un posto più vero e anche più semplice, dove si corre e si fugge, ci si spaventa, ma per cose che in fondo non sono così lontane da noi per essere credibili. (Dario Gulli)

Chi va a funghi è come chi va a vampiri. In entrambi i casi rischia la pelle

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