Il termine “doomscrolling” potrebbe sembrare una novità del linguaggio digitale, ma in realtà descrive un comportamento che ci è fin troppo familiare: scorrere senza sosta attraverso una sequenza di notizie negative sui dispositivi digitali. Questo fenomeno ha preso piede soprattutto durante la pandemia di COVID-19, quando milioni di persone si sono trovate a cercare, in modo quasi ossessivo, aggiornamenti sulle crisi globali, alimentando un ciclo di ansia e impotenza. Le informazioni inquietanti, che si accumulano senza sosta, contribuiscono a generare una sensazione di impotenza diffusa.
Una delle sorprese più grandi riguarda i protagonisti di questa tendenza: non sono solo i più giovani a cadere nella trappola del doomscrolling, ma anche i membri della generazione dei boomer. Questi ultimi, cresciuti in un’epoca priva di internet, si ritrovano oggi ad affrontare un mondo digitale che li può sembrare straniante e travolgente. È interessante notare come, pur avendo vissuto in un contesto privo delle dinamiche della rete, i boomer siano particolarmente vulnerabili, e spesso si trovano a subire una sorta di “shock tecnologico” che li rende più suscettibili a questa abitudine malsana. La difficoltà di navigare in un mondo digitale sconosciuto, unita alla velocità con cui le notizie scorrono sui social, rende questo comportamento ancora più insidioso.
Le conseguenze del doomscrolling sulla salute mentale sono ormai ben documentate. Le persone che si abbandonano a questo comportamento si ritrovano spesso sopraffatte da una costante sequela di notizie negative, che possono alimentare ansia, depressione e stress. La continua esposizione a contenuti inquietanti porta a una visione pessimistica del mondo, a volte anche a insonnia e a una sensazione di impotenza generale. Il doomscrolling non è solo una questione di notizie brutte: è uno specchio del nostro stato emotivo e delle vulnerabilità psicologiche che l’era digitale ha amplificato.
Ma perché continuiamo a farlo? Il nostro istinto di curiosità, unito al desiderio di rimanere sempre informati, può facilmente trasformarsi in una dipendenza. Il “bias di conferma” gioca un ruolo fondamentale in questo meccanismo: tendiamo a cercare informazioni che rinforzano le nostre paure e preoccupazioni. Così, ci ritroviamo intrappolati in un circolo vizioso di notizie che alimentano la nostra ansia, senza mai trovare un reale sollievo.
La Gen Z, cresciuta nell’era digitale, sembra avere una marcia in più rispetto ai genitori e ai nonni. I più giovani sono abituati a interagire con i social media e spesso sono più consapevoli dei meccanismi psicologici che li governano. Molti adottano strategie per limitare il tempo trascorso online, come impostare timer per l’uso delle app o utilizzare schermi in bianco e nero per ridurre l’appeal visivo. Questi comportamenti riflettono una maggiore consapevolezza della propria salute mentale, permettendo loro di navigare l’informazione con maggiore equilibrio.
Al contrario, i boomer, con la loro formazione in un mondo pre-digitale, possono sentirsi disorientati di fronte alla vastità delle informazioni disponibili online. La loro scarsa familiarità con la tecnologia rende difficile affrontare le emozioni e le reazioni che le notizie provocano. Non è tanto la tecnologia in sé a creare problemi, quanto la qualità dei contenuti che consumiamo: molte delle attività che una volta facevamo offline si sono semplicemente trasferite nel regno digitale, mantenendo gli stessi effetti potenzialmente dannosi.
Come possiamo difenderci dal doomscrolling? La consapevolezza è il primo passo. Riconoscere che il fenomeno è diventato un problema è essenziale per limitarlo. Impostare dei limiti di tempo per la lettura delle notizie e sostituire il doomscrolling con attività positive, come leggere un libro, fare esercizio fisico o coltivare un hobby, può fare una grande differenza. Inoltre, imparare a osservare i propri stati emotivi mentre si naviga online ci aiuta a sviluppare un approccio più sano e consapevole. Il doomscrolling non è solo un comportamento legato all’ossessione per le notizie, ma una riflessione più profonda delle ansie collettive che caratterizzano la nostra società digitale. Con la giusta consapevolezza e alcune strategie pratiche, è possibile proteggere la propria salute mentale e riscoprire un equilibrio nelle nostre interazioni con il mondo digitale. In un’epoca in cui le informazioni scorrono incessantemente, imparare a gestirle diventa una vera e propria arte.
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