La Selva Oscura, il luogo che Dante Alighieri descrive all’inizio della Divina Commedia, non è solo un paesaggio immaginario, ma un simbolo ricco di significati e suggestioni. Fin dai primi versi del poema, l’ambientazione si presenta come un luogo di smarrimento profondo, un bosco che non rappresenta soltanto una difficoltà fisica, ma una vera e propria crisi dell’anima. L’espressione “selva oscura” evoca un ambiente carico di mistero e paura, dove la “diritta via” è smarrita e l’autore si trova a dover fare i conti con un’incertezza esistenziale.
Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscuraché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa duraesta selva selvaggia e aspra e forteche nel pensier rinova la paura!Tant’è amara che poco è più morte;ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,tant’era pien di sonno a quel puntoche la verace via abbandonai.Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,là dove terminava quella valleche m’avea di paura il cor compunto,guardai in alto, e vidi le sue spallevestite già de’ raggi del pianetache mena dritto altrui per ogne calle.Allor fu la paura un poco quetache nel lago del cor m’era duratala notte ch’i’ passai con tanta pieta.E come quei che con lena affannatauscito fuor del pelago a la rivasi volge a l’acqua perigliosa e guata,così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,si volse a retro a rimirar lo passoche non lasciò già mai persona viva.
Dante racconta di essersi smarrito “nel mezzo del cammin di nostra vita” in una foresta che, fin da subito, suscita un’impressione di asprezza e minaccia. Le sue parole sono intrise di angoscia: la selva è tanto “selvaggia e aspra” da rinnovare nel pensiero la paura, eppure è proprio attraverso il superamento di questo luogo che Dante intraprende il suo viaggio spirituale. La luce della luna piena che penetra tra gli alberi è quasi un faro nell’oscurità, rappresentando una speranza di salvezza, ma anche un riflesso della sua lotta interiore.
Nel tentativo di localizzare la vera “Selva Oscura”, molti studiosi si sono cimentati nel tracciare un possibile percorso geografico, cercando di identificare il bosco che potrebbe aver ispirato Dante. Una delle teorie più affascinanti riguarda la Lunigiana, una regione toscana che potrebbe aver offerto lo scenario per il celebre inizio del poema. Qui, infatti, Dante soggiornò sotto la protezione dei Malaspina e, secondo alcune ipotesi, la Selva Oscura corrisponderebbe a una foresta situata tra i castelli di Mulazzo e Villafranca, oggi conosciuta come la Selva di Filetto. Nonostante il paesaggio sia cambiato nel corso dei secoli, questo bosco potrebbe aver mantenuto quell’aura di mistero che Dante ha magistralmente reso nella sua opera.
Un’altra suggestiva candidata per il luogo descritto nel poema è la Faggeta del Monte Cimino, nel Lazio. Questa foresta, ricca di fauna selvatica, avrebbe potuto ispirare Dante, che potrebbe aver preso spunto dalle descrizioni di Tito Livio sulla Selva Ciminia, un luogo di mistero e pericolo. Dante, del resto, era un grande ammiratore della letteratura romana, e la sua immaginazione potrebbe aver preso ispirazione anche da queste leggende antiche.
E non finisce qui. C’è chi suggerisce che la Selva Oscura possa essere stata situata tra Cuma e Napoli, nel cuore della Campania. Le leggende locali, uniti ai riferimenti storici di autori come Giovanni Sercambi e Galileo Galilei, potrebbero suggerire una connessione con il mito greco e le antiche storie legate all’Averno, l’ingresso all’Inferno. Questo legame con Napoli è anche testimoniato dalla diffusione della Divina Commedia in questa regione e dall’interesse critico dimostrato da intellettuali partenopei.
Ma le ipotesi non si fermano. Alcuni sostengono che Dante, durante il suo esilio, potrebbe aver trovato ispirazione anche nei Monti Sibillini, una catena montuosa dell’Italia centrale, ricca di leggende, tra cui quella della Sibilla Appenninica. Recenti ricerche condotte dagli studiosi Rita Monaldi e Francesco Sorti hanno confermato che Dante potrebbe aver soggiornato proprio in queste terre, come dimostrato da un antico registro di lettere che attesta la sua presenza nei Sibillini intorno al 1300.
La Selva Oscura, quindi, non è soltanto un’invenzione letteraria, ma un crocevia tra realtà e mito, un simbolo potente della crisi spirituale dell’uomo. Più che un semplice sfondo, il bosco descritto da Dante è un mondo complesso che continua a suscitare riflessioni e a stimolare l’immaginazione di chi si avvicina alla sua opera, alla ricerca di una connessione tra i luoghi reali e quelli della fantasia.
In conclusione, la Selva Oscura rimane uno dei più affascinanti enigmi danteschi, un luogo che ci parla di smarrimento, paura, ma anche di redenzione e speranza. E sebbene le vere coordinate geografiche possano continuare a sfuggire, ciò che è certo è che questo bosco è destinato a rimanere nel nostro immaginario collettivo, come simbolo eterno della lotta interiore che ogni uomo è chiamato a combattere.
Fonte: initalia.virgilio.it/la-selva-oscura-dante-era-sui-sibillini di Martina Bressan.
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