Gianluca FallettaNel cuore dell’avanzata tecnologica giapponese, un’invenzione straordinaria e al contempo inquietante sta facendo parlare di sé. Due ricercatori visionari, Kazutaka Kurihara e Koji Tsukada, hanno presentato al mondo il prototipo di un dispositivo denominato “SpeechJammer“, capace di silenziare letteralmente chiunque, costringendo al mutismo anche il più loquace degli oratori.
Kurihara e Tsukada hanno condiviso:
- “È necessario stabilire e rispettare delle regole per un corretto scambio dei turni di parola… Tuttavia, alcune persone tendono a prolungare i loro interventi o a interrompere deliberatamente gli altri, impedendo discussioni più proficue”.
Parole che suonano come un avvertimento dal futuro, dove la conversazione libera e aperta potrebbe essere regolata da dispositivi tecnologici.
Il design dello SpeechJammer è sorprendentemente semplice ma diabolico nella sua efficacia. Composto da un microfono direzionale, un altoparlante, una scheda madre, un sensore di distanza e un codice rudimentale, il dispositivo sfrutta il principio del feedback uditivo ritardato. Ritardando di circa 200 millisecondi la riproduzione della voce di qualcuno, riesce a bloccarne il discorso, creando un effetto destabilizzante che lascia la vittima senza parole.
Questo principio non è nuovo. Dispositivi simili, noti come Delayed Auditory Feedback (DAF), sono stati usati per decenni per aiutare i balbuzienti. Se un balbuziente sente la propria voce con un lieve ritardo, spesso la balbuzie migliora. Tuttavia, se un individuo senza problemi di linguaggio utilizza un DAF, l’effetto è opposto, provocando balbuzie e confusione. Kurihara e Tsukada hanno raffinato questo concetto per creare un’arma di silenzio a distanza.
“Sfruttando il DAF, abbiamo sviluppato un dispositivo capace di bloccare il parlato di persone fisicamente sane, a distanza e contro la loro volontà”, spiegano i ricercatori. “La peculiarità del nostro dispositivo è che il microfono e l’altoparlante possono essere posizionati lontano dal bersaglio, permettendo un’azione discreta e mirata”. Le implicazioni di una tale invenzione sono vaste e potenzialmente sinistre. Immaginate una riunione dove un interlocutore fastidioso può essere zittito con un semplice puntamento del dispositivo. O peggio, pensate a governi repressivi che utilizzano lo SpeechJammer per soffocare il dissenso e le proteste, riducendo al silenzio chiunque osi parlare contro il regime.
Il concetto di controllo del suono e della voce ha radici profonde nella fantascienza. J.G. Ballard, nel suo racconto “The Sound-Sweep”, descrive un dispositivo che risucchia i detriti dei suoni vecchi. Karlheinz Stockhausen, compositore visionario, immaginava un “divoratore di suoni” capace di annullare i rumori indesiderati. E nel film tedesco “Decoder”, nastri speciali riproducono “anti-Muzak” che scatenano il caos in un fast food, portando i clienti a vomitare e a ribellarsi.
Ma ora, la fantascienza si fonde con la realtà. Kurihara e Tsukada, attraverso il loro SpeechJammer, ci hanno offerto un assaggio di un futuro dove la voce stessa può essere controllata, regolata, e infine, spenta. La domanda che rimane è: siamo pronti a vivere in un mondo dove il silenzio può essere imposto con un clic? Per ora, il dispositivo rimane un prototipo, ma la sua esistenza ci costringe a riflettere sui confini etici e sulle conseguenze di tali innovazioni tecnologiche.
Satyr GPT
maio
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