Per molto tempo si è pensato che nelle antiche società di cacciatori e raccoglitori gli uomini fossero i cacciatori e le donne le raccoglitrici. Ma una scoperta archeologica sulle Ande del Perù ha messo in discussione questa idea. Scopriamo insieme cosa hanno trovato gli scienziati e perché è così importante.
Immagina di essere in una spedizione archeologica sulle Ande del Sud America, 9.000 anni fa. Stai scavando una tomba dove sono sepolti i resti di un individuo con accanto una collezione di strumenti in pietra. Questi strumenti sono quelli che usavano i cacciatori per uccidere e lavorare le grandi prede, come i lama e i cervi. Ti sembra evidente che si tratti di un uomo, un cacciatore abile e rispettato dalla sua comunità.
Ma poi fai un’analisi più approfondita e scopri che in realtà si tratta di una donna. Una donna che cacciava animali di grandi dimensioni con la stessa abilità e lo stesso coraggio degli uomini. E non solo: questa donna non era un caso isolato. Secondo uno studio pubblicato su Science Advances, tra il 30% e il 50% dei cacciatori di caccia grossa nelle Americhe preistoriche erano donne.
Questa scoperta è una vera e propria rivoluzione nel campo dell’archeologia e della storia. Per anni si è creduto che i ruoli di genere fossero fissi e immutabili, basati su studi antropologici su popolazioni di cacciatori e raccoglitori moderni. Ma questi studi erano influenzati dai pregiudizi e dalle convenzioni sociali del XIX e XX secolo, quando si riteneva che le donne fossero naturalmente destinate a occuparsi della casa e dei figli, mentre gli uomini a procurare il cibo e a difendere il territorio.
Ora sappiamo che le cose non sono sempre andate così. Le donne preistoriche erano attive e partecipavano alla caccia, alla difesa e alla gestione della comunità. Gli strumenti che hanno lasciato testimoniano la loro abilità e la loro creatività. Tra questi ci sono punte litiche per perforare la pelle degli animali, rocce pesanti per rompere le ossa o scuoiare le prede, scaglie per raschiare e tagliare la carne e l’ocra rossa per tingere e conservare le pelli.
“Questi dati sono sempre stati lì, ma sono stati ignorati o mal interpretati”, dice Pamela Geller, archeologa presso l’Università di Miami, che non ha partecipato allo studio. “Ora dobbiamo rivedere la nostra visione della storia e dei ruoli di genere, e riconoscere il contributo delle donne alla sopravvivenza e all’evoluzione della nostra specie”.
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