Immaginate di poter comunicare con le vostre parole solo pensando a ciò che volete dire. Questo scenario fantascientifico potrebbe diventare realtà grazie a un dispositivo portatile e non invasivo che legge i pensieri e li trasforma in testo, sviluppato da un team di scienziati dell’Università della Tecnologia di Sydney.
Il dispositivo, che si basa sull’intelligenza artificiale e sull’analisi dei segnali elettrici del cervello, è stato presentato alla conferenza annuale NeurIPS, dove ha suscitato grande interesse e curiosità. Il suo obiettivo principale è quello di aiutare le persone che hanno perso la capacità di parlare a causa di malattie o lesioni, come ad esempio l’ictus, il morbo di Parkinson o la sclerosi laterale amiotrofica. Tuttavia, le sue applicazioni potrebbero essere molteplici, aprendo nuove frontiere nella comunicazione tra esseri umani e macchine, come robot o protesi intelligenti.
Il funzionamento del dispositivo è semplice ma efficace: il soggetto che lo indossa legge in silenzio dei passaggi di testo, mentre il dispositivo registra l’attività cerebrale. Questa viene poi elaborata da un modello di intelligenza artificiale chiamato DeWave, che decodifica i segnali elettrici e li converte in testo. Il modello è stato addestrato con grandi quantità di dati, provenienti da 29 partecipanti allo studio, e ha dimostrato di essere in grado di identificare parole chiave e generare strutture di frasi simili a quelle fornite.
Il vantaggio di questo dispositivo è che non richiede alcun intervento chirurgico per impiantare elettrodi nel cervello, come invece avviene per altri sistemi di lettura dei pensieri. Questo lo rende più sicuro, economico e accessibile. Tuttavia, ci sono anche delle sfide da superare, come la bassa precisione del sistema, che al momento è del 40%, e il rumore del segnale, dovuto all’interferenza di altri fattori ambientali o fisiologici. Inoltre, il modello di intelligenza artificiale ha ancora delle difficoltà a distinguere tra parole semanticamente simili, come ad esempio “autore” e “persona”.
Il professor Chin-Teng Lin, leader dello studio, ha dichiarato di essere soddisfatto dei risultati ottenuti finora, ma anche consapevole che c’è ancora molto lavoro da fare per migliorare il sistema e renderlo più affidabile e accurato. Ha anche espresso la sua visione per il futuro di questo dispositivo, affermando che “questo è solo l’inizio di una nuova era nella comunicazione tra cervello e computer. Speriamo che il nostro dispositivo possa essere utilizzato non solo per aiutare le persone che non possono parlare, ma anche per arricchire le nostre interazioni con le macchine e con gli altri esseri umani”.
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