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Vitti ‘na crozza: il significato della canzone siciliana più popolare

“Vitti ‘na crozza” è una delle canzoni popolari siciliane più emblematiche e significative, capace di catturare l’attenzione non solo per la sua melodia accattivante, ma soprattutto per la sua profonda tristezza nascosta. Spesso intonata in coro durante le riunioni tra amici e familiari, questa canzone va oltre la semplice melodia da cantare insieme: racconta una storia potente e commovente che riflette la dura realtà della vita dei lavoratori siciliani nei secoli passati.

La Storia di “Vitti ‘na crozza”

La storia narrata in “Vitti ‘na crozza” è quella di un minatore siciliano, la cui vita e morte sono avvolte da dramma e ingiustizia. La canzone inizia con un’immagine sorprendente: un teschio, chiamato “crozza” nel dialetto siciliano, che vaga nell’aldilà. Questa immagine macabra serve da metafora per riflettere sulla condizione dei lavoratori delle miniere, la cui esistenza era segnata dalla fatica, dalla povertà e dalla mancanza di dignità.

La Vita del Minatore nelle Zolfare Siciliane

Il minatore racconta la sua vita di duro lavoro nelle viscere della terra, tra zolfo e minerali, per un salario misero. La sua morte, come la sua vita, è stata caratterizzata dalla totale indifferenza: è morto in un incidente sul lavoro senza ricevere un funerale, senza una sepoltura e persino senza il suono delle campane, simbolo di rispetto e pietà cristiana. Questa triste storia riflette la realtà delle zolfare siciliane, dove i lavoratori vivevano e morivano spesso senza alcun riconoscimento o onore.

Il Significato del “Cannuni” in “Vitti ‘na crozza”

Il “cannuni” menzionato nella canzone non è, come molti pensano, un pezzo di artiglieria bellica, ma il boccaporto delle miniere. Questo dettaglio sottolinea ulteriormente la connessione della canzone con il mondo delle zolfare. La voce del teschio diventa un mezzo per denunciare le ingiustizie sociali e l’ostracismo della Chiesa cattolica nei confronti dei minatori. Fino al 1940, i minatori morti nelle solfatare erano spesso privati di onoranze funebri e perfino del semplice rintocco delle campane, poiché lo zolfo e il sottosuolo erano considerati dimore del demonio.

La Denuncia Sociale di “Vitti ‘na crozza”

Attraverso il suo racconto, il teschio implora una degna sepoltura e un’onoranza funebre che lo possa degnamente accompagnare nell’aldilà, cercando un riscatto per i suoi peccati e una pace eterna dopo una vita di stenti. La canzone non solo dipinge un quadro di tristezza, ma è anche una critica aspra all’ingiustizia sociale e alla mancanza di dignità che i minatori erano costretti a subire.

Il testo originale della canzone è in dialetto siciliano,

Vitti na crozza supra lu cannuni
fui curiuso e ci vossi spiare
idda m’arrispunniu cu gran duluri
murivi senza un tocco di campani

Si nni eru si nni eru li me anni
si nni eru si nni eru un sacciu unni
ora ca sugnu vecchio di ottant’anni
chiamu la morti i idda m arrispunni

Cunzatimi cunzatimi lu me letto
ca di li vermi su manciatu tuttu
si nun lu scuntu cca lume peccatu
lu scuntu allautra vita a chiantu ruttu

C’è nu giardinu ammezu di lu mari
tuttu ntessutu di aranci e ciuri
tutti l’acceddi cci vannu a cantari
puru i sireni cci fannu all’amuri

Ne riportiamo qui una traduzione in italiano:

Vidi un teschio sopra la torre
Ero curioso e volli domandargli
Lui mi rispose con gran dolore
Sono morto senza rintocchi di campane
Sono andati, sono andati i miei anni
Sono andati, sono andati, non so dove
Ora che sono vecchio di ottanta anni
Chiamo la morte e questa mi risponde
Preparatemi, preparatemi il letto
Che già i vermi mi hanno mangiato tutto
Se non lo sconto qui, il mio peccato
Lo sconterò nell’altra vita, a pianto rotto
C’è un giardino in mezzo al mare
Pieno di fiori, di arance e di fiori
Tutti gli uccelli vanno lì a cantare
Pure le sirene ci fanno l’amore.

Il Messaggio di “Vitti ‘na crozza”

“Vitti ‘na crozza” diventa così una protesta per una vita di miseria e per la negazione di un riconoscimento postumo. È più di una semplice canzone folk; è un documento storico e culturale che illumina le dure condizioni di lavoro dei minatori siciliani e la loro lotta per la dignità. La bellezza della canzone sta proprio nel suo essere una testimonianza vivente delle sofferenze di un’intera classe sociale, rendendo la sua interpretazione e il suo ascolto un atto di memoria e di giustizia nei confronti di chi ha vissuto e lavorato nell’ombra. Questo brano porta con sé una potente denuncia sociale e un profondo messaggio di rispetto e dignità per i lavoratori dimenticati. Attraverso la sua melodia malinconica e il suo testo evocativo, ci invita a riflettere sulle ingiustizie del passato e a ricordare coloro che hanno sofferto e lottato per una vita migliore. Questa canzone non è solo un frammento di folklore siciliano, ma un grido di dolore e un richiamo alla coscienza collettiva.

Fonte: Pagina Facebook Stato Magna Grecia – Due Sicilie di Sara Favarò.  

 

maio

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Massimiliano Oliosi, nato a Roma nel 1981, laureato in giurisprudenza, ma amante degli eventi e dell'organizzazione di essi, dal 1999 tramite varie realtà associative locali e nazionali partecipa ad eventi su tutto il territorio nazionale con un occhio particolare al dietro le quinte, alla macchina che fa girare tutto.

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