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Lo stile Ukiyo-e. Immagini del Mondo Fluttuante

L’ukiyo-e, letteralmente “immagini del mondo fluttuante”, è un genere artistico giapponese che ha segnato profondamente la cultura visiva del Paese e ha influenzato artisti di tutto il mondo. Nato durante il periodo Edo, tra l’inizio del XVII e la fine del XIX secolo, questo stile di stampa artistica su carta, realizzato con matrici di legno attraverso la tecnica della xilografia, ha catturato l’essenza vibrante e mutevole della società giapponese dell ‘epoca. Il termine “ukiyo” si riferisce infatti al “mondo fluttuante”, un’allusione tanto alla natura effimera e volubile della vita quanto alla rapida evoluzione socioeconomica delle città di Edo (l’odierna Tokyo), Ōsaka e Kyōto.

Durante il periodo Edo, il Giappone attraversò una fase di profonda trasformazione. La rigida struttura feudale, che organizzava la società secondo una stratificazione d’impronta confuciana, iniziò a essere scossa dall’emergere di una nuova classe sociale: i chōnin, i cittadini. Questa classe, costituita principalmente da mercanti e artigiani, iniziò a prosperare grazie a un’economia urbana in forte espansione. Se da un lato l’ukiyo, con il suo significato di “mondo fluttuante”, richiamava la frenesia e il dinamismo di queste nuove realtà urbane, dall’altro lato alludeva ironicamente al termine omofono “mondo della sofferenza” della tradizione buddista zen, che descriveva il ciclo di nascita, morte e rinascita a cui l’uomo è condannato. Un contrasto tra effimero e spirituale, leggerezza e profondità, che si riflette in tutta la produzione artistica ukiyo-e.

Le prime stampe ukiyo-e erano semplici e monocromatiche, create utilizzando inchiostro cinese e tecniche tradizionali. Fu Hishikawa Moronobu, attivo intorno al 1670, a dare inizio a una vera rivoluzione artistica con le sue stampe dettagliate e vigorose. Le sue opere, che ritraevano soprattutto scene di vita quotidiana ei vivaci quartieri del piacere di Edo, portarono l’ukiyo-e alla ribalta, segnando l’inizio di un periodo di grande popolarità. Con il passare degli anni, la tecnica si evolve fino a permettere la produzione di stampe a colori, o nishiki-e, grazie agli innovativi esperimenti di Suzuki Harunobu nel XVIII secolo. Questa evoluzione tecnica consentirà di riprodurre con grande precisione l’effetto della pittura su carta, ampliando il ventaglio dei soggetti e portando alla creazione di opere straordinarie.

Gli ukiyo-e iniziarono così a rappresentare non solo cortigiane, attori kabuki e lottatori di sumo, ma anche paesaggi, vedute naturali e scene idilliache della vita urbana. Icone immortali come Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige donarono all’ukiyo-e una dimensione lirica e contemplativa, lontana dai lustrini e dalle passioni dei quartieri del piacere. Le celebri “Trentasei vedute del Monte Fuji” di Hokusai catturarono l’essenza spirituale del paesaggio giapponese, mentre le serie di Hiroshige, come “Le cinquantatré stazioni di Tōkaidō”, trasportarono lo spettatore in un viaggio poetico attraverso strade, villaggi e ponti che collegavano le principali città del Paese.

L’ukiyo-e, per quanto amato e diffuso, non fu immune a censura. Durante le riforme Tenpō del 1842, le immagini raffiguranti cortigiane e attori furono bandite, segnando un periodo di forte controllo sulle rappresentazioni artistiche. Tuttavia, questi soggetti tornarono presto alla ribalta, dimostrando l’insopprimibile voglia di libertà espressiva che animava gli artisti dell’epoca. Con la Restaurazione Meiji del 1868, il Giappone si aprì definitivamente all’Occidente, introducendo nuove tecniche come la fotografia ei colori chimici importati dalla Germania, che sostituirono i pigmenti vegetali tradizionali. Questo periodo vide anche una fase di declino dell’ukiyo-e, ormai superato dalla modernità incalzante, ma non prima di aver lasciato un segno indelebile nel panorama artistico mondiale.

L’influenza dell’ukiyo-e, infatti, travalicò i confini del Giappone, affascinando artisti europei come Vincent van Gogh, Edgar Degas e Gustav Klimt. Questa fusione di elementi giapponesi e occidentali diede vita a un movimento artistico noto come “giapponismo”, che si diffuse nella seconda metà del XIX secolo e contribuì allo sviluppo di correnti come l’Art Nouveau e l’Impressionismo. L’arte giapponese, con le sue linee eleganti e le composizioni armoniose, influenzò profondamente la visione e le tecniche degli artisti occidentali, creando un ponte culturale che ha arricchito entrambe le tradizioni.

Il XX secolo ha segnato una rinascita dell’ukiyo-e attraverso i movimenti Shin-hanga e Sōsaku-hanga. Lo Shin-hanga, o “nuove stampe”, recuperava i temi classici dell’ukiyo-e arricchendoli con influenze impressioniste, concentrandosi su paesaggi, bellezze femminili e ritratti di kabuki. Guidato dall’editore Shōzaburō Watanabe, questo movimento ebbe grande successo soprattutto tra i collezionisti occidentali. Il Sōsaku-hanga, invece, mirava a un’interpretazione più personale e creativa dell’arte della stampa, rompendo con la rigida divisione del lavoro che aveva caratterizzato l’ukiyo-e tradizionale. Artisti come Onchi Kōshirō e Munakata Shikō enfatizzarono l’importanza dell’autenticità e dell’espressione individuale, cercando di fondere le tecniche giapponesi con una visione moderna dell’arte.

Nonostante il passare dei secoli, l’ukiyo-e continua a soffrire la cultura visiva contemporanea. I manga, gli anime e persino i videogiochi trovano nell’estetica dell’ukiyo un modello di semplicità ed eleganza. Artisti contemporanei come David Bull e Jed Henry, con la loro serie “Ukiyo-e Heroes”, hanno reinterpretato questo stile iconico, fondendo il mondo degli eroi dei videogiochi con la tradizione giapponese, creando un dialogo tra passato e presente che affascina e sorprende.

In un’epoca in cui tutto sembra effimero e in continuo mutamento, le “immagini del mondo fluttuante” ci ricordano la bellezza e la fragilità della vita, l’importanza di cogliere l’attimo fuggente e la capacità dell’arte di trascendere il tempo e lo spazio, catturando per sempre la poetica del mondo.

maio

maio

Massimiliano Oliosi, nato a Roma nel 1981, laureato in giurisprudenza, ma amante degli eventi e dell'organizzazione di essi, dal 1999 tramite varie realtà associative locali e nazionali partecipa ad eventi su tutto il territorio nazionale con un occhio particolare al dietro le quinte, alla macchina che fa girare tutto.

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