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Felicemente morte di Angelo Ianniello

A scuola ci hanno insegnato a pensare all’aldilà come quella descritta da Dante Alighieri nella Divina Commedia, divisa in Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ma se la morte in realtà non si presentasse come la immaginiamo? 

Con mantello, corna e forcone? Se fosse tutto tranne quello che la nostra mente ha creato per colpa dei stereotipi che ci hanno obbligato a imparare? Forse ci si sente meglio quando si muore, si avverte una sensazione di benessere. Quella sofferenza scompare e ti ritrovi a cercarla e pensi che, ormai. sei morto.

Camminando per la città, vuota e malinconica, è lì che si evidenza la sofferenza, la vera piaga della società: barboni, debitori, chi ha perso davvero tutto nella vita e poi arriva la morte che toglie anche l’ultimo respiro per regalare serenità. Ad un essere umano viene regalata la vita ma come va vissuta spetta a lui. Se esiste la vita esiste anche il modo di vivere e le scelte che determinano il corso dell’esistenza sulla terra. La morte è un mendicante, un figlio delle stelle, non giudica chi si trova davanti perché sa che deve prendere l’anima e andare via. l’anima non ha un colore e non ha consistenza. L’anima è una cosa astratta, parte integrante di una entità più grande, che accomuna tutti gli esseri con una sola regola: l’amore. La morte è espressione di una volontà che muove e guida tutti gli esseri.

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