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The constant gardener

Il nuovo film di Fernando Meirelles forse non è da Oscar, ma è da vedere. Sorrido pensando al fatto che qualcuno ha detto “si può vedere”. Tratta un tema talmente delicato e talmente urgente che, anche se fosse un film non riuscito, e non lo è, non può essere definito semplicemente così, come a dire: si può vedere se non hai niente di meglio da fare. Una storia di amore intenso tra due persone e una storia di amore intenso tra una donna e un’Africa che vuole salvare, a tutti i costi. Lei, Tessa, è una donna di piccole attenzioni –dare un passaggio in macchina- e grandi progetti  -preservare la salute del popolo africano martoriato dall’indifferenza del grande capitalismo occidentale-. Lui, Justin, è un uomo riservato, impacciato, estremamente sensibile. Ama sua moglie e ama le sue piante con la stessa costanza. Il film è ritmato da una colonna sonora avvolgente, calda. La fotografia è sublime, probabilmente perché sublimi sono i paesaggi del Kenya. Il montaggio, ricco di flashback, si accompagna perfettamente al dinamismo di un thriller e all’intensità che richiede una storia d’amore.

Tessa, desiderosa e ingenua o cieca nel suo bisogno di dare, trova la morte in circostanze misteriose. Justin, finora rimasto in ombra dalla forza prorompente di Tessa, si riscatta cercando di riscattare il coraggio di lei e così comincia a seguire i suoi passi alla ricerca della verità. Ma non è vendetta la sua, è desiderio di condivisione, è solo un modo diverso di amarla. E scopriamo che compie –forse consciamente- i suoi gesti, quelli che un tempo guardava con disappunto, o forse semplicemente con preoccupazione – un passaggio in aereo- e onora la sua “lotta” in un finale che rende la morte, vita. La crudeltà si fa dolcezza perché la casa non è una costruzione con un tetto sopra, ma una presenza e un’empatia con essa.

Un film che ci sbatte in faccia le nostre ipocrisie e le conseguenze infami dell’insaziabilità di denaro, può cambiare qualcosa. Prendersi realmente cura di questo impero di bambini denutriti e malati, questo stuolo di cavie che ci compiacciamo ad osservare, forti del nostro “non essere come loro” chè “le loro vite sono importanti per noi solo perché ci costano poco”. Contro questo abominio lottava Tessa e questo non è qualcosa che si può vedere, è qualcosa che si deve vedere –e possibilmente, risolvere-.

 

Alice Rinaldi

 

Satyrnet

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