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Tu chiamami Peter

Questione spinosa e vecchia quanto vecchio è il cinema: chi è l’attore dietro la maschera? C’è un uomo, o un attore è soltanto i suoi personaggi? Il tema è stato già trattato, ma stavolta il pirandelliano dilemma riguarda uno degli attori più grandi ed eclettici che il cinema ci abbia mai regalato, l’indimenticabile Peter Sellers. Il film è riuscito solo a metà, perché se riesce nel suo intento di descrivere il travaglio interiore dell’attore, la sceneggiatura troppo spesso scade nel melodramma, al punto di risultare in alcuni passaggi apologia del dolore introspettivo, a scapito della carriera di Sellers, ridotta a mero elenco, e della caratterizzazione approssimativa dei personaggi di contorno, come testimoniano le “macchiette” Blake Edwards e Stanley Kubrick.

Da sottolineare in positivo la prestazione di Geoffrey Rush, che ha il compito ingrato di reggere sulle spalle l’intera pellicola e ha il merito di non cadere nel tranello della semplice imitazione ma riesce ad essere Peter Sellers in più di un passaggio, la precisione di Emily Watson nel ruolo della prima moglie di Sellers e di Charlize Theron, la cui bellezza sfavillante ben si adatta al ruolo di Brit Ekland.

 

di Giancarlo Caminiti

 

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