Dopo la morte del padre, Zeno, un giovane insicuro, solitario, amante dei libri, deve cercare di ricostruire o costruire la propria vita fra il ricordo della ingombrante figura paterna e le incertezze di un presente in cui non riesce ad inserirsi appieno. Nella vita del giovane irrompe il complicato mondo femminile rappresentato dalle tre sorelle Malfenti: Ada, Alberta, Augusta, con le quali Zeno cercherà di stabilire un rapporto. Liberamente, ma molto liberamente, tratto dal romanzo di Italo Svevo “La coscienza di Zeno”, è però lontano dalle tematiche dell’opera letteraria e più vicino all’incertezza del vivere, nonostante il benessere tipico di questi giorni. Fra frasi enigmatiche, sguardi che si perdono oltre la macchina da presa, inquadrature che rivelano spazi soffocanti e grigi si sviluppa “Le parole di mio padre” film diretto da Francesca Comencini.
Il rigore della rappresentazione; la recitazione tesa e sentita di un buon cast di attori, tra i quali spicca un’affascinante Chiara Mastroianni; la straordinaria fotografia di Luca Bigazzi capace di rendere in maniera del tutto inusuale gli interni e gli esterni romani; rendono grande merito a questo film che risulta fluido, meticoloso e privo di elementi superflui. Purtroppo, nonostante queste ottime premesse, risulta un’opera sospesa, che stenta a decollare e superare i propri limiti e che non riesce a giungere allo spettatore, il quale rimane inerte e non è né coinvolto né colpito dalla storia, di fronte alla quale non prova alcuna forma di dubbio o riflessione e dalla quale non riceve particolari chiarificazioni.
Valeria Doddi
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