La latitanza porta bene. Sono passati tre anni da “ Dillo con parole mie” commedia generazionale, su una ragazzina in vacanza alle isole greche ( di Mucciniana Memoria).Sembrava quasi che l’attivismo, più che politico, umano, fosse finito con quel film.Mi piace ricordare Lucchetti in due film: “Il portaborse” e “La scuola”.Il primo è uno stupendo affresco della politica italiana, dai risvolti tragicomici, il secondo sempre una visione ben caratterizzata della scuola italiana per quello che è, non per quello che vorrebbero proporci con i vari film sugli esamini.
Una frase in particolare di quel film mi rimase impressa: L’allora professore Silvio Orlando nel film, ad uno studente particolarmente bravo, come ci sono in tutte le classi, dice: “ Sei la dimostrazione che la scuola italiana non funziona” in quanto lui studiava ciò che il sistema indicava ripetendo la poesia di un paese in decadimento.
Quante di queste frasi, parole-simbolo vivono nel cinema di Lucchetti. La capacità di costruire dei dialoghi in cui, elementi, singole parole, riescono a trasmetterci tutta la potenza di un’opera.
Anche Accio ( Elio Germano) è cosi, lui si adatta senza fare domande, crede nella sua utilità sociale, di appartenere ad un gruppo più alto che lo ispiri, che lo guidi.
Attorniato da tante idee giuste e sbagliate.
In fondo, come dicono ad Accio – un fascista in famiglia è come un dottore, serve sempre-.
Ed allora lui lo diventa, all’opposto di suo fratello più grande Manrico ( Riccardo Scamarcio), sempre fedele al partito.
Accio è la pecora nera della famiglia, i suoi lo volevano prete, poi ragioniere. Lui si vedeva latinista ma non tutto è possibile nella periferia Romana (Latina) specialmente in quei tempi di grande fermento politico e sociale.
Lo sfondo è sempre stata una grande caratteristica del cinema di Lucchetti, riuscire a creare un
mondo dove i personaggi si intersecano con la trama in maniera quasi perfetta.
Lo spettatore e personaggio diventano un unicum immediatamente dalle prime scene, ( chi non si è sentito a casa quando ha visto in gruppo di studenti della scuola, o riconosciuto in uno di quei professori il proprio).
Alle generazioni che hanno vissuto quel periodo Mio fratello è figlio unico si costituisce come memoria collettiva passando da quelle individuali dei due protagonisti e non solo, anche la madre ( Mariangela Melato) ci offre un personaggio ricco di passione.
Il film è ispirato ad “ Il fascio comunista” di Antonio Pennacchi con una sceneggiatura a sei mani, aiutata dagli sceneggiatori della “Meglio gioventù”, quindi tutto il quadro ci dimostra l’imponenza di voler raccontare un’Italia presente attraverso il nostro passato vicino, molto vicino. Stiamo parlando di appena 30 fa.
La storia ci ricorda che è fatta di corsi e ricorsi storici ed analizzare gli ultimi eventi della nostra storia è funzione necessaria e sufficiente alla costruzione di una democrazia.
Capire come questa generazione fosse cosi attaccata agli ideali al punto da spingersi a fare di tutto rispetto alla nostra che -fa rivoluzioni che non fanno male, essere innocui che se no è volgare- ( cito anche io una canzone).
La memoria di un paese rivista dagli occhi di Accio, il fascio comunista più democratico di tutti. Che rispetta le idee di tutti e si fa fregare da tutti persino da suo fratello che ammira con tutto il cuore.
Per fare alcune notizie di rito il film è stato presentato a Cannes nella sezione “ Un certain regard “, sta avendo un grossa risposta dal pubblico italiano e va tutto bene.
Film del genere non rimangono inosservati, anche per la presenza scenica di Scamarcio, nonostante, a mio modesto parere, uno dei più grandi attori giovani italiani è Elio Germano, incredibile nelle sue performance, attore poliedrico e polivalente è riuscito ad imporre la sua presenza sullo scenario italiano quasi in sordina, senza fare troppo rumore. Nessuna chiassosa campagna su di lui, nessuna copertina del “Cioè”. Solo tanta bravura e tanti ruoli difficili dal figlio di Borsellino all’attentatore di Napoleone passando per Sangue di Libero Di Rienzo ( Senza togliere le lodi a Scamarcio ma tanto gliele fanno tutti quindi non ce n’è questo gran bisogno).
Mi piace poco trattare film italiani in quanto da più parti si parla di questa rinascita del cinema italiano senza che realmente si veda; anzi chi conosce bene come , che per fare un film in Italia bisogna passare per tutti i santi e farsi fare una bella benedizione.
Il FUS (fondo speciale dello stato per favorire le arti) che dovrebbe garantire ai giovani e vecchi autori di fare cinema è ormai prosciugato e le idee che vengono proposte sono si di alto spessore culturale ma non sempre riescono a colpire la platea che vorrebbe un cinema aperto un po’ più ai propri gusti.
Il sistema perfetto lo abbiamo visto negli anni 70 dove alla commedia sexi ed ai polizieschi di Merli e compagnia, si affiancavano film di alto spessore. Tutto sta quindi nel creare una scelta, un panorama variopinto in cui cinema di genere e cinema d’autore vivevano in simbiosi. Non di solo autore vive il cinema, lezione ce la danno ormai tutti i paesi del mondo. L’India, ad esempio, sta girando un film di spionaggio a Genova,( la loro produzione vanta per lo più musical). Solo noi rimaniamo imbottigliati da una presenza di cinema pressoché autoriale, dove lo spettatore non ha scelta ( o vedi La sconosciuta o ti vedi Commedia sexy).Dove è la possibilità di scegliere e avere quindi modo di assaporare i diversi aspetti del cinema ?
Questo però è un discorso troppo lungo da poter fare in questa sede, spero solo di non avere fatto fraintendere le mie idee. Parlo volentieri di “Mio fratello è figlio unico “ in quanto rimarrà un ottimo prodotto di un regista che ha fatto la storia del cinema e dell’Italia, costruttore di memorie collettive e di affreschi che difficilmente si distoglieranno dalla memoria del pubblico.
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