La cultura nerd e otaku è amata ormai da più generazioni di persone, ma capita ancora oggi che venga ogni tanto accusata di essere troppo autoreferenziale e troppo settoriale. Ci sono però storie e personaggi appartenenti a queste culture, o controculture, o sottoculture che dir si voglia che sono diventate iconiche per tutti e tutte, patrimonio delle vite di ciascuno, anche di chi non affolla le fiere del fumetto e i gruppi in tema sui social.
Quarant’anni fa, il 1 marzo del 1982, sulla nata da poco Italia 1 debuttava una di queste storie e personaggi, in un Paese dove da quattro anni erano già giunti i cartoni animati giapponesi, come allora si chiamavano gli anime, creando interesse e passione ma anche non poche critiche, soprattutto da parte dei cosiddetti grandi.
Quella fatidica sera, alle 20, preceduta da qualche presentazione tutto sommato positiva su giornali e riviste generalistici, debuttava Lady Oscar, una nuova serie animata proveniente dal Giappone, che subito catturò l’attenzione dei telespettatori, sin dall’orecchiabile sigla dei Cavalieri del Re, ancora oggi cantata anche dai non otaku. Questa nuova storia era ambientata in Europa, nella Francia del Settecento, con tanto di personaggi realmente esistiti, per raccontare la storia di Oscar, una bambina e poi ragazza cresciuta dal glaciale e spietato padre come un maschio per destinarla alla carriera militare. Il primo episodio sembrava una fiaba disneyana a tratti, ma decisamente controcorrente, visto che presentava un’eroina fuori dalle righe, molti anni prima di Mulan, Merida e Elsa.
La storia e la protagonista conquistarono tutti, ragazzi e adulti, maschi e femmine, ci furono non pochi insegnanti che consigliarono il cartone animato ai loro allievi per come trattava un importante periodo storico, la Francia prerivoluzionaria, e in molti restarono stupiti dai toni decisamente forti e tosti che la serie prendeva andando avanti, era stata presentata come l’erede di Candy Candy ma era in realtà qualcosa di molto diverso, più adulto, più appassionato e più cupo.
C’erano intrighi, duelli, morti anche brutte e traumatiche, c’era un’eroina decisamente affascinante e fuori dagli schemi, oltre che tormentata, e c’erano passioni e amori, forti e senza respiro: allora non si sapevano varie cose, tipo che la serie animata era tratta da un fumetto e che non era stata un grande successo in Giappone, in Italia fu amore a prima vista, un amore che continuò negli anni, a dispetto o forse anche a causa del tragico finale, trasmesso mesi dopo, a dicembre, dopo che era stata ventilata una seconda stagione inesistente e dopo che l’album delle figurine Panini aveva spoilerato quello che sarebbe successo.
Lady Oscar è stata per molti otaku e nerd l’inizio della passione di una vita, un personaggio e un cartone animato che hanno cambiato e rivoluzionato la propria vita e la percezione delle passioni e degli interessi, creando un ponte tra infanzia e età adulta che non è venuto meno a distanza di anni. Ecco perché questo 1 marzo è una data importante, l’inizio di tante cose, giunte fino ad oggi, cresciute con i fan e sempre valide.
L’Italia è il Paese che ha replicato più volte l’anime di Lady Oscar e che ha tradotto più volte il manga di Riyoko Ikeda a cui è ispirato, a partire dalla prima edizione nell’autunno del 1982: per ora, le celebrazioni sono state virtuali, sui social, ma già ai primi di aprile ad Collezionando ci sarà un evento a cui senz’altro ne seguiranno altri. E l’epopea di amore e morte di Oscar, guardia della regina Maria Antonietta attratta dagli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, e del suo eterno amore André fa ormai parte dell’immaginario collettivo di più di una generazione.